Episodio 8 – Dopo la Befana, il convitto riprendeva vita

Tra valigie, contratti e sogni: il ritorno di Matteo


Dopo la Befana, il convitto tornava a respirare.
Le vacanze, con la loro calma sospesa, svanivano in fretta, come neve sciolta al primo sole.

Le stanze si riempivano di voci, risate che correvano leggere lungo i corridoi, passi veloci e chiacchiere sussurrate dietro le porte.
Ognuno portava con sé un frammento di vita: il freddo tagliente di San Martino, le ore passate a lavorare a Trento, i volti nuovi incontrati per caso.

La stanchezza accumulata durante le feste evaporava subito.
Al suo posto nasceva una voglia nuova: voglia di fare, di mettersi in gioco, di guardare avanti.

Matteo osservava tutto.
Si muoveva tra i gruppi, ascoltava storie spezzate, battute, sogni sussurrati a mezza voce.
Si accorgeva che anche i suoi compagni stavano cambiando.
Non solo nei corpi, ma negli occhi.
Nel modo in cui iniziavano a guardare il mondo, come fosse un orizzonte da conquistare.

Dopo San Martino di Castrozza, la vita gli sembrava più seria.
Più vera.
Ogni fine settimana, Matteo saliva sull’autobus per Trento.
Lavorava in un ristorante.
Era un sacrificio, certo.

Ma quei soldi avevano un valore speciale.
Non erano un semplice guadagno: erano fatica trasformata in libertà.
Una sigaretta in più, una birra fresca dopo una giornata lunga, una pizza tra amici, una camicia nuova che profumava di futuro.

Era indipendenza.
Una libertà piccola ma luminosa.
Non doveva chiedere nulla a nessuno.
Era tutta sua.
E bastava a farlo camminare a testa alta, con il sorriso largo e la voglia di spaccare il mondo.

Il convitto, intanto, pulsava di vita.
E Matteo con lui.
Ogni giorno un passo.
Lento, ma deciso.
Verso una strada ancora incerta, ma piena di promesse.

C’era un’aria nuova nei corridoi.
Una speranza leggera che si infilava tra le risate, come una musica che inizia piano e poi riempie l’aria.

Si correva verso la Pasqua.
Il cuore era pieno di voglia.
La testa, un labirinto di pensieri.

Ogni giorno era un mattone in più per diventare più forti, più grandi, più veri.
Dopo Pasqua, già si intravedeva la fine dell’anno.
E tra un sorriso e l’altro, spuntava la domanda che faceva brillare gli occhi di tutti:
d’estate, dove si va?

Mare o montagna?
Il lago? No, il lago nemmeno si nominava.
Era un caos bellissimo, un’incertezza piena di possibilità.

Ma una cosa era chiara come il cielo d’agosto: nessuno sarebbe rimasto fermo.

Il convitto, in quei giorni, diventava un gigantesco ufficio silenzioso.
Pensava a tutto.
Cercava posti per tutti, preparava contratti, sistemava documenti, raccoglieva firme.
Si preoccupava che ogni ragazzo fosse in regola, che ci fosse un letto, un posto dove iniziare a crescere davvero.

Era come se il convitto li spingesse fuori, ma con un abbraccio caldo sulla schiena.
Come a dire: «Vai. Ma ricorda che qui, un pezzo di casa ti aspetta sempre.»

E così Matteo partiva.
Con la valigia tirata a lucido.
Con un sorriso che sembrava più grande del solito.
Con la voglia di faticare, guadagnare, vivere.

Per dimostrare al mondo — e a se stesso — che c’era.
Che la fatica non gli faceva paura.

Anzi.
Lo faceva sentire vivo.

← Torna al capitolo 7 – Vai al Capitolo 9→