Nessuno lo vota, ma vince sempre: il partito che campa di incarichi, inciuci e pane quotidiano.

Con l’approssimarsi di campagne elettorali, siano esse politiche, regionali o comunali, torna puntualmente in mente il Partito della Pagnotta. Non lo troverete tra i simboli ufficiali, non si presenta alle urne, non ha segretari né sedi. Ma c’è. Invisibile, onnipresente, resistente a tutto: al tempo, agli scandali, persino alle rivoluzioni di facciata.
È il partito di chi fa politica non per idee, non per visione, ma per sistemarsi, per galleggiare, per “non restare fuori dai giochi”. Una corrente trasversale che unisce destra, sinistra e centro sotto una sola, solida bandiera: la sopravvivenza personale.
🟤 Un’ideologia? Nessuna. Solo potere
Il Partito della Pagnotta non ha un programma, ha un istinto. Non parla alla pancia del paese: parla alla propria. Quando il vento soffia a destra, diventa patriota; quando tira a sinistra, si scopre progressista; se serve, è moderato, populista, green, europeista o sovranista. Qualsiasi cosa, purché ci sia una poltrona, un incarico, una commissione, una consulenza.
È l’unico partito che non promette nulla al cittadino — ma ottiene tutto per sé.
👥 I suoi membri? Molti più di quanto pensi
Non esiste un censimento, ma i numeri parlano da soli. In una sola legislatura italiana ci sono stati oltre 200 cambi di gruppo parlamentare. Più che un Parlamento, un mercato del venerdì. A questi si aggiungono:
- politici di professione da 30 anni senza un mestiere documentabile,
- boiardi di Stato che si riciclano in CDA pubblici,
- portaborse che diventano assessori,
- candidati “civici” che finiscono sottosegretari.
Il Partito della Pagnotta vive dietro le quinte, dove si decidono nomine, si distribuiscono poltrone, si costruiscono maggioranze “di responsabilità”. I litigi pubblici sono teatro: dietro, si apparecchia tutti insieme.
🍞 Perché è ancora così forte?
Perché offre ciò che manca alla maggior parte degli italiani: stabilità, continuità, rendita. Mentre il cittadino comune cambia cinque contratti in un anno, loro restano lì. Mentre un giovane va a cercare fortuna all’estero, loro ottengono un posto in una municipalizzata. Mentre le imprese chiudono, loro aprono comitati con rimborsi spese garantiti.
La “pagnotta” è la vera unità di misura del potere italiano. Non conta il consenso, non contano le idee: conta quanto riesci a restare attaccato al forno.
🔧 Il vaccino contro il parassitismo politico
Non basta indignarsi. Se vogliamo sconfiggere davvero il Partito della Pagnotta, serve una terapia d’urto fatta di riforme strutturali e cultura civica. Ecco cinque proposte concrete:
1. Mandato limitato
Due mandati e poi fuori. Chi entra in politica deve sapere che non potrà restarci a vita. Basta “professionisti del seggio”.
2. Trasparenza totale
Ogni passaggio di gruppo, ogni nomina, ogni incarico pubblico dev’essere tracciato, reso pubblico, spiegato. Se non puoi dirlo chiaramente, non lo puoi fare.
3. Stop ai privilegi
Niente vitalizi, niente benefit dorati, niente scorciatoie. Chi serve lo Stato deve vivere come chi lo vota. Uguali diritti, uguali doveri.
4. Educazione civica vera
Le scuole devono insegnare a leggere una legge, a capire il bilancio dello Stato, a riconoscere una bugia elettorale. Cittadini informati = politici in difficoltà.
5. Partecipazione attiva
Ogni disinteresse è una delega in bianco. Più controlliamo, chiediamo, partecipiamo, meno spazio lasciamo ai mestieranti del nulla.
🔚 Spegnergli il forno
Sconfiggere il Partito della Pagnotta non è facile. È astuto, radicato, mimetico. Ma ha una debolezza: vive nell’ombra. Non regge se lo guardi in faccia. Sta a noi decidere se continuare a nutrirlo con l’apatia e l’abitudine — oppure spegnergli il forno una volta per tutte………….