
“Bandiera mia, non ti conosco” – Quando il coraggio finisce al protocollo
Una bandiera si alza sul municipio. Poi si abbassa. E in mezzo c’è una delibera, un hashtag e una foto col sindaco.
Il caso di Montelapiano – il più piccolo Comune d’Abruzzo – non è più solo un gesto simbolico: ora fa notizia anche per una possibile denuncia. Ma sia chiaro: a noi la giustizia interessa fino a un certo punto.
Quello che ci interessa davvero è la coreografia del gesto.
Il rito dell’apparire. La regia dell’indignazione a favore di fotocamera.
🧾 L’eroismo da delibera
In questi mesi si moltiplicano le fiaccolate, i comunicati, le delibere “per la pace”.
Ma le bombe non si fermano con un ordine del giorno.
La fame non si placa con una nota stampa.
E i popoli in guerra non ricevono conforto dai post di un piccolo Comune che, improvvisamente, scopre la geopolitica.
Certo, la pace è un valore universale.
Ma se lo si invoca solo quando garantisce un titolo di giornale, allora ci troviamo davanti a una forma ben nota di attivismo: il buonismo intermittente.
🧠 L’apparenza dell’impegno
Montelapiano: 87 abitanti. Nessuna scuola, pochi nati, tanti emigrati. Ma una cosa non manca: l’urgenza di apparire.
Una bandiera non risolve nulla, ma serve a lanciare un messaggio.
Il punto è: a chi è rivolto questo messaggio?
Alla Palestina? Difficile. Non ne riceveranno notizia.
Agli elettori locali? Più probabile.
Ai giornali regionali? Sicuro.
E ora, davanti all’ipotesi di una denuncia per violazione del DPR 121/2000, il gioco si fa ancora più interessante.
Perché chi rischia sanzioni diventa martire, e chi critica viene subito dipinto come un cinico burocrate.
Ma la realtà è meno epica: non c’è eroismo in un gesto calcolato, né persecuzione in una norma chiara.

🗣 A pensar male…
Come diceva un vecchio statista: “A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca.”
Chi espone una bandiera senza aver mai aperto un confronto, promosso un progetto di cooperazione, destinato fondi o promosso iniziative vere e continuative, sta usando un simbolo per mettersi in mostra.
E se poi arriva la denuncia? Beh, ancora meglio: il simbolo si trasforma in notizia.
E il sindaco, da amministratore ignoto, diventa il volto della coscienza. Almeno per un paio di giorni.
✅ Conclusione (provvisoria)
Non giudichiamo la legalità del gesto. Ma osserviamo il suo uso.
La pace è troppo importante per ridurla a strumento di marketing morale.
E la bandiera palestinese – come qualunque altra bandiera – merita rispetto.
Non va sventolata come un selfie con i valori.
Se davvero si vuole fare qualcosa, si promuovano progetti.
Si creino gemellaggi.
Si destinino fondi.
Altrimenti, meglio il silenzio dignitoso di chi non può fare nulla,
che il clamore vacuo di chi fa finta di fare.
📚 Tutti gli articoli della rubrica: Pensieri Scomposti
✍️ Centro(pensante)