
Una breve pausa a casa, tra affetti e riflessioni, prima di riprendere il cammino.
Matteo tornò finalmente a casa dopo tanti mesi, e quel ritorno gli sembrò un dono. Da settembre era passato quasi un anno, ma a lui pareva un’eternità. Ritrovò la mamma, il fratello, lo zio e la zia: volti familiari che gli restituivano quella calma che solo le radici sanno offrire. Ogni stanza, ogni odore, persino i silenzi della casa lo accoglievano come un rifugio.
Il 29 maggio festeggiò il suo compleanno in modo semplice, senza clamori. Un pranzo in famiglia, qualche parola affettuosa, il sorriso della mamma che non smetteva di ripetere quanto fosse cresciuto, quanto apparisse più maturo. E Matteo lo era davvero: non solo negli occhi, ma nella consapevolezza che il tempo stava correndo veloce. Anche suo fratello stava cambiando. Presto avrebbe compiuto undici anni, e Matteo si accorgeva che la vita andava avanti anche in sua assenza, senza aspettare nessuno.
In quei pochi giorni pensò molto a Eleonora. Avevano solo sedici e quindici anni, eppure le loro parole sembravano già portare il peso di esperienze troppo grandi per la loro età. Si sentirono più volte al telefono e, ogni volta, quella voce gli riportava alla mente la dedica che aveva fatto scoppiare la scintilla tra loro. Un gesto semplice, nato dall’ingenuità dei quindici anni, eppure così forte da restare inciso.. Matteo sapeva che, dopo la partenza per l’Elba, tutto avrebbe preso un’altra direzione. La stagione estiva lo avrebbe assorbito completamente, seguita dall’inverno, e poi di nuovo un’estate ancora. Quel ciclo era la sua occasione per guadagnare, per aiutare la famiglia. Ma nel profondo sapeva che Eleonora non era solo una parentesi: era un segno inciso dentro di lui.
Un ricordo lo pungeva più degli altri: quella dedica semplice, quasi timida, che aveva fatto scoppiare la scintilla tra loro. Non era stato un gesto clamoroso, ma un segno autentico che nessuno dei due avrebbe più dimenticato. Da lì tutto aveva preso vita, trasformando due destini segnati dalla fatica in una speranza condivisa.
La vita, però, non era stata generosa con loro. A soli sedici e quindici anni portavano già addosso ferite che avrebbero potuto spezzare chiunque: entrambi erano cresciuti senza il padre, imparando troppo presto a convivere con un’assenza che segnava ogni giornata. Eppure, nonostante il dolore e le cicatrici, avevano trovato la forza di resistere. La loro forza nasceva proprio da lì, dalla capacità di sostenersi a vicenda, di continuare a camminare anche quando il sentiero sembrava troppo ripido.
In quella breve pausa a casa, Matteo ritrovò un po’ di pace, ma anche tante domande. La vita gli appariva come un equilibrio fragile tra sogni e realtà. Le radici gli ricordavano chi era e da dove veniva, mentre il futuro bussava con forza chiedendogli di scegliere e di crescere ancora. Sentiva che non poteva fermarsi: doveva andare avanti, per la sua famiglia e per se stesso. Perché la sua esistenza non era soltanto la ricerca di un frammento di felicità, ma un cammino di resistenza e speranza, lo stesso che legava lui ed Eleonora.
Le radici non servono solo a ricordare da dove vieni.
Servono a non dimenticare perché hai deciso di andare.”*