Quando i gonfiabili restano senza bambini e nei borghi la festa diventa paradosso.

C’è stato un tempo in cui i gonfiabili erano sinonimo di festa, di bambini che correvano scalzi nelle piazze, di famiglie che si radunavano per guardare i piccoli saltare tra scivoli e castelli colorati. Un tempo che sembra ieri, e invece oggi in molti borghi di montagna appare lontano, quasi irreale.
Capita così che un sindaco, con l’entusiasmo di chi vuole offrire un momento di svago, annunci l’arrivo dei gonfiabili in paese. Ma la piazza, invece di riempirsi di voci infantili, resta dominata dal silenzio. Perché in quel borgo, come in tanti altri, da anni non nasce un bambino. I gonfiabili diventano allora un paradosso, un simbolo rovesciato: strutture pensate per i più piccoli che finiscono per divertire i più anziani.
E così accade che nonni e pensionati, con bastoni appoggiati al muro, provino l’ebbrezza di arrampicarsi, ridere, cadere e rialzarsi come quando erano ragazzi. Un’immagine che strappa un sorriso, certo, ma che porta con sé anche un retrogusto amaro. Perché dietro quella scena simpatica si nasconde una verità dura: lo spopolamento, la mancanza di nuove generazioni, il futuro che fatica a nascere.
I borghi italiani, soprattutto quelli di montagna, conoscono bene questa realtà. Le scuole chiudono per mancanza di alunni, gli asili restano serrati, i servizi pubblici diminuiscono e le case, un tempo piene di voci e passi, restano mute. Ogni anno ad agosto sembrano tornare in vita, con i ritorni dei figli e dei nipoti emigrati altrove. Ma basta la fine delle ferie perché cali di nuovo il sipario, e con esso il silenzio.
In questo contesto, i gonfiabili diventano metafora perfetta: attrazioni pensate per una popolazione che non c’è più. Una promessa colorata che si scontra con la realtà grigia. Una festa senza invitati.
Eppure, anche in queste immagini di apparente contraddizione si nasconde un insegnamento. Gli anziani che ridono sui gonfiabili ci ricordano che il cuore di un paese è fatto di chi resiste, di chi resta, di chi continua a metterci energia e presenza nonostante tutto. Non è abbastanza per invertire la tendenza, ma è una testimonianza di affetto e appartenenza.
La domanda che resta sospesa è la stessa di sempre: cosa serve davvero ai borghi? Forse non gonfiabili, non eventi estemporanei che durano un giorno, ma politiche concrete che sostengano le famiglie, incentivino i giovani a restare o a tornare, rendano la vita nei piccoli centri una scelta possibile e non una condanna.
Perché senza bambini non c’è futuro, e senza futuro i borghi diventano solo cartoline nostalgiche.
Riflessione:
Un tempo i gonfiabili riempivano le piazze di bambini e risate.
Oggi, in certi borghi, non nasce un bambino da anni.
E così, a saltare sui castelli colorati restano solo gli anziani: sorridenti, ironici, pronti a ricordarci che il tempo passa ma i problemi restano.
È proprio vero… i vecchi tornano bambini.