Il silenzio che torna nei borghi d’altura

Tra partenze, tasse sbagliate e un futuro che chiede coraggio

L’estate che riempie i vicoli

L’estate nei paesi di montagna non è mai solo una stagione. È un ritorno di voci, di passi leggeri lungo i vicoli, di finestre spalancate che lasciano uscire odori di cucina e risate di bambini. È il tempo in cui la comunità si ricompone, anche solo per poche settimane, grazie a chi torna per le ferie o per la festa patronale.

L’autunno che svuota

Basta un tramonto di fine agosto per cambiare tutto. Le valigie si riempiono, le auto si rimettono in moto, le case si richiudono dietro persiane che resteranno socchiuse fino a Natale, o anche più a lungo. Rimane il passo lento degli anziani, il rintocco della campana che sembra più cupo quando non c’è nessuno ad ascoltarlo, il vento che percorre le strade come se volesse farsi compagnia da solo.

Il borgo respira con due polmoni: uno gonfio d’estate, uno che d’inverno si fa piccolo e affannato. Ma entrambi sono necessari per tenerlo in vita. Senza il respiro della memoria, senza il ritorno di chi ha radici qui, il silenzio non sarebbe solo una pausa: diventerebbe oblio.

Le tasse e la miopia

Ecco perché non si può pensare che la sopravvivenza dei borghi passi dall’aumento dell’IMU o di altre tasse. La quasi totalità di chi torna in queste case lo fa per affetto, per legame familiare, non per convenienza economica. Sono famiglie di origine, che mantengono vive le abitazioni degli avi come atto di rispetto e memoria. Tassare di più e offrire sempre meno servizi significa solo accelerare lo spopolamento.

La sfida del futuro

Bisogna invece pensare a un’inversione di tendenza. Certamente è difficile, ma almeno bisognerebbe provarci. Portare un po’ di turismo, valorizzare le tradizioni, aprire spazi di accoglienza e di cultura. E soprattutto sfruttare le condizioni climatiche che stanno cambiando: se le città diventano sempre più invivibili d’estate per il caldo e l’afa, i paesi di montagna possono offrire un’alternativa naturale, fresca e sostenibile. Ma serve visione, serve volontà, serve coraggio.

Non solo inaugurazioni

Per attirare gente e per fare in modo che i residenti non continuino la fuga, a questo bisogna pensare. Certo, per contorno possiamo servire anche l’inaugurazione di una buca risistemata o di un pezzo di strada riasfaltata. Ma la sostanza non è quella: la sostanza è rendere i borghi vivibili, accoglienti, capaci di dare futuro oltre che ricordi.

La voce che salva i borghi

Ogni panchina vuota racconta la storia di chi si è seduto lì a chiacchierare, ogni porta chiusa è un invito a tornare, ogni festa patronale è un filo che tiene insieme le generazioni. Non possiamo permetterci di spezzarlo.

Perché i borghi non muoiono quando mancano le case, muoiono quando manca la voce che li nomina.