Episodio 28 – La scelta di Sestriere
Ago 26, 2025 by sottoilcielo
in Figli del secondo binario

La telefonata decisiva
Verso la fine di agosto, a decisione presa per andare al Sestriere, presi il coraggio e comunicai a Eleonora la notizia. Dall’altra parte della linea seguì un attimo di silenzio, come se stesse cercando le parole giuste. Poi, con calma, mi disse:
«È la tua vita, Matteo. Vai. È la tua occasione.»
Ma la sua voce era diversa dal solito. Non era la solita intonazione vivace e affettuosa: c’era un velo di distanza, quasi di rassegnazione. Dentro di me lo sentii subito, come una lama sottile. Capivo che non era facile per lei, come non lo era per me. Ma in quelle parole c’era anche rispetto, e forse orgoglio. Mi resi conto che la vita ci stava già portando a crescere in direzioni diverse: lei con il ritorno a Trento per gli studi, io con una nuova stagione di lavoro sulle montagne del Piemonte.
Elena e la premura di sempre
Parlammo ancora un po’ di altre cose, poi mi passò Elena. Lei, come sempre, volle sapere come stavo, quante ore lavoravo, se riuscivo a dormire abbastanza. Mi raccontò qualcosa di San Martino di Castrozza, dove avevano appena terminato la stagione. Erano rimaste contente del lavoro, e soprattutto dei soldi guadagnati. Le sue parole erano semplici, ma custodivano una premura autentica.
Un legame incrinato
Da quel momento, però, le telefonate con Eleonora presero una piega diversa. Qualcosa si era incrinato. Non litigavamo, non ci dicevamo parole cattive, ma non c’era più la stessa leggerezza di prima. La distanza, che fino a poco tempo prima era solo un ostacolo da affrontare con pazienza, cominciava a farsi sentire come un muro vero e proprio.
Io, intanto, pensavo a casa. Alla stagione finita sarei corso in paese per rivedere la mia famiglia e gli amici. La famiglia è e sarà sempre la famiglia, e dopo viene tutto il resto. Glielo dissi anche a Eleonora: dopo la chiusura, intorno al 10 ottobre, sarei tornato al paese e, prima della stagione invernale, sarei salito a Trento per fermarmi qualche giorno.
Lei non disse nulla in quel momento, ma il giorno dopo mi telefonò. La sua voce era ferma:
«Non è il caso di passare a Trento. Meglio continuare a sentirci così. Guardiamo la realtà e agiamo di conseguenza.»
Che botta. Quelle parole mi pesarono come macigni. Non ero preparato a sentirle. Sicuramente era più matura di me, più lucida. Io, invece, rimasi male, ferito da quella verità che non avrei mai voluto ascoltare. Mi sembrava dura, ma dentro di me sapevo che aveva ragione.
Qualche giorno dopo fu Elena a incoraggiarmi:
«Non pensarci troppo, Matteo. Vedrai che si ravvederà. E poi, dove lo trova un ragazzo come te? Sei fantastico.»
Parole semplici, quasi ingenue, ma che in quel momento mi fecero bene.
La nuova direzione
Non andai a Trento. Decisi di andare dritto al Sestriere, verso quella nuova sfida che mi aspettava. Con Eleonora, comunque, non tagliammo del tutto i ponti. Ogni tanto ci sentivamo ancora, e in quelle telefonate riaffiorava qualcosa, seppur più debole, del legame che ci aveva unito.
Fu solo nel novembre dell’anno dopo, il 1972, che la rividi.
Intanto, l’autunno scivolava via veloce. Dopo la chiusura dell’Hermitage, tornare in paese fu come respirare dopo mesi di apnea. Ritrovare la mia gente, gli amici, i parenti, i luoghi che conoscevo da sempre, mi restituì un senso di appartenenza che nessuna esperienza poteva cancellare. La casa restava il porto sicuro, la radice profonda a cui tornare.
Eppure, dentro di me sapevo che il futuro mi stava già chiamando altrove. Pensavo alle montagne del Piemonte, al grande albergo bianco che mi aspettava, ai saloni eleganti dove avrei imparato un nuovo modo di vivere il lavoro. Era un salto che faceva tremare le gambe, ma accendeva anche una luce nuova di entusiasmo.
Così mi ritrovai a metà strada tra due mondi: quello rassicurante delle origini, fatto di volti familiari e semplicità, e quello nuovo e incerto, che mi chiedeva coraggio e ambizione.
E tra silenzi e cose non dette, capii che il tempo aveva già scavato la sua distanza.
