
“Gli italiani non arrivano a fine mese”.
È la frase magica dell’opposizione. Una specie di rosario laico, recitato ogni mattina davanti ai microfoni, come se ripeterlo all’infinito potesse trasformare il Parlamento in un discount e Montecitorio in un supermercato a punti.
Il problema è che chi lo dice, raramente ha provato a vivere quella condizione.
Perché tra il non arrivare a fine mese e il non arrivare a fine pasto, c’è una bella differenza. Loro la seconda difficoltà non l’hanno mai conosciuta.
Nelle loro giornate il dramma non è la bolletta del gas ma la prenotazione al ristorante stellato; non è il mutuo che si mangia lo stipendio ma il menù degustazione che si mangia il rimborso. E mentre parlano di stipendi insufficienti, la diaria scorre regolare: puntuale come l’acqua calda.
Certo, fa effetto vederli indignati:
con la fronte corrugata, la voce impostata, il dito che vibra in televisione. Ma dietro quelle smorfie non c’è esperienza, solo copione. È come vedere un attore recitare una parte drammatica senza aver mai letto la tragedia originale.
Il popolo, quello vero, sa che la “fine del mese” è un incubo che torna ciclicamente:
– il frigorifero che si svuota troppo presto,
– la bolletta che arriva sempre troppo puntuale,
– la spesa che pesa più del carrello.
E loro? Loro lo usano come slogan, come clava politica, come password universale per ottenere un applauso facile.
Ma chiariamoci: qui non si tratta di destra, sinistra, centro, sopra, sotto o di traverso.
Perché la povertà non ha partito, ma i partiti spesso hanno poca memoria.
La morale
Gli italiani non arrivano a fine mese.
L’opposizione, invece, non arriva mai a fine realtà.
✒️ Non di sinistra, non di destra, non di centro.
Non sopra, non sotto, nemmeno di traverso.
Solo dalla parte della verità.
Il Sognatore Lento