Episodio 34# – Gennaio 1972: Il tempo rallenta, le strade si dividono

Il tempo rallenta, le strade si dividonoDal Carnevale alla chiusura della stagione invernale, tra nuove proposte di lavoro, amicizie che si separano e il ritorno in Abruzzo.

Dopo la Befana il ritmo del lavoro all’albergo rallentò. Le sale, che fino a pochi giorni prima ribollivano di clienti e di richieste, tornarono a respirare. Non c’erano più i banchetti di Capodanno né le colazioni interminabili delle famiglie in vacanza, ma una routine più distesa, fatta di ospiti stabili e di tavoli che si svuotavano in fretta.

Per Matteo fu una novità: durante tutte le festività aveva lavorato senza interruzioni, giorno dopo giorno, spesso fino a tarda notte. Ora cominciava ad avere i primi veri turni di riposo, e quella semplice possibilità gli sembrava un lusso.

I pomeriggi liberi diventavano occasioni preziose. Con Francesca usciva a fare due passi tra le stradine innevate o si fermava a guardare le vetrine dei negozi di articoli sportivi. Le chiacchiere con lei si facevano sempre più interessanti: non solo battute leggere, ma confidenze, sogni, racconti di casa. Matteo si accorgeva di quanto fosse piacevole ascoltarla e di come, accanto a lei, il tempo sembrasse scorrere più in fretta.

Le serate al bar, intanto, restavano una vera pacchia. Ogni volta che varcavano la soglia, li attendeva il solito tavolo vicino al jukebox, con il cameriere pronto a servirli come se fossero ospiti illustri. Tutto gratis, tutto già pagato: un privilegio inatteso che li faceva sorridere.

— Che schiccheria, — diceva sempre Francesca ridendo. — Quando mai ci ricapita una cosa così?

Anna non rispondeva. Sorrideva e basta, con quel modo silenzioso che era il suo linguaggio più vero.


Carnevale e nuove proposte

Arrivò Carnevale e per alcuni giorni il lavoro tornò pesante. Gli ospiti riempivano di nuovo le sale, i tavoli giravano senza sosta e i sorrisi da servire sembravano infiniti. Per Matteo fu un banco di prova: dopo l’entusiasmo delle feste e la calma di gennaio, tornare a quel ritmo frenetico lo costrinse a dare il meglio di sé.

Fu proprio in quel periodo che notò un cambiamento nel suo rapporto con lo chef de rang, Achille. All’inizio era stato severo, preciso, quasi inflessibile. Col passare delle settimane, però, quella severità si era trasformata in rispetto, e il rispetto in qualcosa di più: una sorta di paternità premurosa, fatta di consigli sussurrati e di sguardi d’intesa.

Una sera, mentre sistemavano insieme il guéridon dopo un servizio particolarmente faticoso, Achille lo guardò con serietà e disse:

— Matteo, sto pensando di proporti una cosa. A fine stagione andrò a lavorare a Spotorno, sulla costiera ligure. Andrò come secondo maître, sotto quello che oggi è il nostro primo. Se vuoi, potrei portarti con me.

Matteo rimase spiazzato. Spotorno, il mare, un’altra esperienza. Era una promozione per Achille, che da chef de rang saliva di ruolo e si preparava a un’estate importante. Per lui, invece, era la possibilità di continuare quel legame professionale che stava diventando quasi filiale.

— Ci penserò, chef, — rispose Matteo con calma.

Non voleva sembrare impulsivo. Dentro di sé, però, sentì un calore nuovo: Achille non lo trattava più come un semplice ragazzo alle prime armi, ma come qualcuno di cui fidarsi, da valorizzare.


I mestieri che cambiano con le stagioni

Matteo imparò presto una lezione importante: d’inverno i posti di lavoro erano meno rispetto all’estate. Non tutti potevano permettersi la continuità. Il mondo della ristorazione era un mosaico mobile, dove le gerarchie cambiavano con le stagioni.

Scoprì così che il terzo maître – colui che l’anno prima lo aveva portato al Sestriere – d’estate diventava primo maître all’Hotel Hermitage. E che lo stesso Achille, a Spotorno, sarebbe salito a secondo maître, un passo avanti importante rispetto al ruolo attuale. Tutto si muoveva, tutto era relativo. In quel sistema, ognuno cercava di mantenere la propria posizione, anche a costo di cambiare città, albergo, o ruolo.

Per Matteo fu un insegnamento prezioso: capire che la carriera non era una linea retta, ma un intreccio fatto di occasioni e stagioni.


La proposta a percentuale

Non bastasse, un altro chef de rang, in confidenza, gli chiese se fosse interessato a un’opportunità diversa:

— Sto cercando qualcuno per un ristorante dove il lavoro è a percentuale. C’è uno stipendio base assicurato, ma il resto dipende dagli incassi. Più si lavora, più si guadagna.

Matteo ascoltò incuriosito. L’idea di un guadagno legato direttamente all’impegno lo colpì. Era un sistema che premiava la fatica, ma che richiedeva anche coraggio: se i clienti mancavano, mancava anche la paga. Non rispose subito, ma dentro di sé registrò quella novità. Negli anni, si sarebbe accorto di quanto quella formula avrebbe cambiato il panorama della ristorazione.


La decisione

Quando arrivò la proposta del terzo maître di tornare con lui all’Hermitage come commis, quindi un passo avanti rispetto alla posizione attuale, Matteo non esitò:

— Sì, ci vengo, — rispose senza dubbi.

Era come chiudere un cerchio. L’uomo che lo aveva introdotto in questo mondo tornava a chiamarlo, offrendogli una crescita concreta. Spotorno poteva aspettare, la percentuale anche. All’Hermitage lo attendeva un futuro più chiaro.

Francesca, Anna e Michele, invece, avevano già deciso: sarebbero andati a Milano Marittima. Ancora una volta, le amicizie — amori o presunti tali — si dividevano come se fosse una routine inevitabile. Ognuno prendeva la propria strada, accettando che l’estate avrebbe portato nuove separazioni e nuovi incontri.


Ritorno alle radici

Così, dopo la Pasqua, arrivò la chiusura della stagione. Le sale si svuotarono, le luci dell’albergo si spensero, e Matteo tornò in Abruzzo dalla sua famiglia. Il viaggio di ritorno aveva sempre un sapore particolare: la stanchezza accumulata, il desiderio di rivedere i propri cari, e quella malinconia sottile di chi lascia un mondo che, per mesi, è stato casa.

Di Eleonora non aveva saputo più nulla. Il suo pensiero riaffiorava di tanto in tanto, come una canzone dimenticata che torna alla mente per caso. Ma la vita correva veloce, e Matteo, a soli diciassette anni, aveva già capito che i legami nel suo mestiere erano come le stagioni: intensi, preziosi, ma destinati a mutare.