
Avevamo già scritto…
Quando su queste pagine abbiamo affrontato il tema del gas a Bomba, avevamo sottolineato i rischi geologici, la fragilità del territorio e il richiamo al Vajont come simbolo da non dimenticare.
Oggi, a distanza di pochi giorni, quelle stesse parole tornano nelle dichiarazioni del Comune di Paglieta e in una delibera comunale di indirizzo, o almeno così sembra dalle anticipazioni diffuse. È la conferma che le preoccupazioni non erano esagerate: erano il riflesso di una realtà condivisa, capace ora di tradursi in un atto politico.
Il ritorno del gas a Bomba
Il progetto di estrazione di gas naturale nell’area di Colle Santo, a pochi chilometri dal lago di Bomba, è tornato prepotentemente al centro del dibattito pubblico. Dopo anni di stop, bocciature e ricorsi, il 24 luglio 2025 la Commissione VIA del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha espresso parere favorevole al piano presentato dalla società LNEnergy.
Un parere che ha riacceso timori mai sopiti, portando amministratori, associazioni e cittadini a schierarsi di nuovo.
La società, dal canto suo, ha accolto l’approvazione come una “tappa storica”, sottolineando che il progetto si inserisce nel percorso di transizione energetica nazionale, grazie all’utilizzo esclusivo di energia elettrica da fonti rinnovabili e alla presunta compatibilità con il PNIEC 2030. Ma sul territorio la narrazione è ben diversa: qui prevalgono paura, diffidenza e ricordi che pesano come macigni.
Paglieta alza la voce
Il sindaco Ernesto Graziani, a nome dell’amministrazione comunale di Paglieta, ha annunciato l’intenzione di presentare in Consiglio una delibera di indirizzo per formalizzare la netta contrarietà al progetto.
Le parole usate sono chiare: il territorio è fragile e ogni intervento di estrazione di gas rischia di compromettere la sicurezza della popolazione.
“Il ricordo del disastro del Vajont deve restare un monito per tutti – ha dichiarato Graziani –. Non possiamo permettere che logiche economiche a breve termine mettano a repentaglio la vita e la stabilità dei nostri paesi.”
L’atto, ancora in fase di approvazione, non vuole essere solo un documento formale: l’obiettivo è estenderlo a tutti i Comuni vicini, così da costruire una mobilitazione territoriale capace di fare massa critica contro Roma.
I rischi evocati
Non si tratta di allarmismo gratuito. Da anni, studiosi e comitati sottolineano come l’area del lago di Bomba presenti criticità geologiche significative:
- rischio sismico in un’area già fragile,
- possibilità di subsidenza legata alle attività estrattive,
- presenza di un bacino artificiale che moltiplica gli effetti di eventuali instabilità del terreno.
Gli stessi elementi che portarono in passato a bocciare il progetto sia a livello regionale che nazionale. Eppure, oggi, con il parere positivo del Ministero, lo scenario sembra capovolto.
Un déjà-vu del Vajont
Il richiamo al Vajont non è casuale né retorico. Nel 1963 la tragedia si consumò in una valle che molti tecnici avevano già segnalato come instabile. La logica dello sviluppo e della produttività prevalse allora sulla prudenza. Il resto è storia: 1917 vittime e un disastro che resta scolpito nella memoria collettiva italiana.
Paglieta usa quell’immagine come avvertimento preventivo: non si può ignorare il monito della storia. Meglio fermarsi prima, che piangere dopo.
Una battaglia che riguarda tutti
La delibera annunciata non è solo un atto simbolico. È il primo passo verso una strategia più ampia, che mira a:
- sollecitare ricorsi al TAR e in altre sedi amministrative,
- chiedere alla Regione Abruzzo di prendere una posizione ufficiale e condivisa,
- creare una rete di comuni uniti, dal Sangro fino alla costa, per difendere il territorio,
- valutare la creazione di una riserva naturale protetta attorno al lago di Bomba.
Se questa linea dovesse allargarsi, la vicenda assumerebbe un peso politico di rilievo, rendendo difficile al Governo ignorare la protesta.
La politica regionale e nazionale
Il tema divide anche le forze politiche.
- Il Partito Democratico parla di “decisione scellerata” e accusa il Governo Meloni di voltare le spalle al territorio.
- Europa Verde denuncia una “svendita delle risorse fragili dell’Abruzzo”.
- Il Forum H2O parla di “attacco al clima e al territorio”, evidenziando l’assenza di calcoli reali sulle emissioni legate all’uso finale del gas.
- In Consiglio Regionale, Alessio Monaco (AVS) ha depositato una risoluzione urgente per chiedere la revoca del parere ministeriale e l’istituzione di una riserva naturale.
Siamo dunque davanti a uno scontro che non riguarda solo l’ambiente, ma anche la credibilità della politica locale e la capacità di rappresentare le comunità.
Cosa accadrà adesso
Tutto è ancora aperto. Il Ministero deve emanare il decreto finale di compatibilità ambientale e concedere la licenza di estrazione. Nel frattempo, la mobilitazione dal basso può cambiare il quadro. Se più Comuni seguiranno l’esempio di Paglieta, il fronte contrario sarà difficile da ignorare.
E allora il gas di Colle Santo non sarà solo una questione energetica, ma un vero e proprio banco di prova per la democrazia territoriale: la capacità di un’area interna dell’Abruzzo di difendere la propria identità e la propria sicurezza da scelte calate dall’alto.
✒️ Conclusione
Il lago di Bomba e i suoi paesi meritano ascolto. La voce di Paglieta è solo la prima, ma non sarà l’ultima.
La storia ci ha già insegnato cosa significa ignorare i segnali. Sta a noi, oggi, dimostrare di aver imparato la lezione.