“In Italia il cane scodinzola, non si cucina”

Un promemoria semplice: ci sono culture che si rispettano, e tabù che non si toccano.

Ci sono piatti che arrivano da lontano e conquistano le nostre tavole: sushi, kebab, tacos, ramen. Alcuni sono diventati parte del nostro quotidiano, tanto che ormai troviamo più “all you can eat” che trattorie di una volta. Benissimo, viva la contaminazione!

Ma ci sono altre “abitudini culinarie” che non potranno mai mettere piede qui. Per esempio quella di mangiare i cani.


Noi e loro: un abisso culturale

In certe parti del mondo, il cane finisce nel piatto. Un fatto che può sembrare normale altrove, ma che da noi provoca un brivido lungo la schiena. Perché in Italia il cane non è cibo: è compagno, guardiano, amico fedele.

Chi viene qui deve capirlo.
Non è questione di razzismo, ma di rispetto: delle leggi e, soprattutto, della sensibilità collettiva.


Non serve avere un cane per capirlo

Io, per esempio, non ho cani in casa.
Ma questo non significa che debba vederli allo spiedo. Non serve essere padroni di un cane per capire che il cane è parte della famiglia italiana, anche se non vive nel tuo salotto.

È quello che abbaia quando torni a casa, che ti fa la guardia di notte, che compare in mille proverbi e canzoni. È il cane di Pinocchio, di Sandokan, di cartoni animati e di film. È l’ombra che accompagna generazioni intere.

E se qualcuno osa dire che “il cane è tenero”… sì, lo è: ma come abbraccio, non come bistecca.


La nostra tavola ha già abbastanza ricchezza

In Italia non abbiamo bisogno di cercare carne altrove.
Abbiamo la lasagna della nonna, gli arrosticini d’Abruzzo, la parmigiana di melanzane, il ragù alla bolognese. Abbiamo formaggi, salumi, pesce, verdure. E potremmo andare avanti pagine intere.

Che senso ha importare un’usanza che non appartiene a noi e che cozza con la nostra idea stessa di civiltà?


Un episodio che fa riflettere

Qualche giorno fa, le cronache hanno raccontato di un cane ucciso brutalmente in strada. Un fatto che ha indignato tutti. E non serve citare giornalisti famosi per capire quanto sia intollerabile.

È la prova che, a volte, certi costumi portati da fuori non possono essere “giustificati” con la scusa della cultura di provenienza. Perché la cultura è viva, evolve. E deve imparare a rispettare quella del Paese che ti ospita.


La satira serve a ricordarlo

E allora sì, possiamo ridere e fare ironia, ma il concetto resta serio.

  • In Italia il cane si porta al guinzaglio, non al macello.
  • Il cane scodinzola sotto la tavola, non sopra come secondo piatto.
  • Il cane è amico, non “carne tenera”.

Chi non è d’accordo? Nessun problema: il mondo è grande, i voli costano poco, e ognuno può continuare a praticare certe usanze a casa propria. Ma qui no. Qui il cane resta cane.


Conclusione

Ci sono tradizioni che uniscono e arricchiscono.
E ci sono tabù che non si discutono.

👉 In Italia il cane non si mette nel piatto.
Al massimo siede accanto, aspettando un boccone di pane.


✒️ Pensieri Scomposti – Il Sognatore Lento