Sveglia, Europa: le flottiglie per Gaza e la lentezza dell’Unione

Tra aiuti simbolici, propaganda e burocrazia, ogni barca che salpa dal Mediterraneo diventa un promemoria dell’assenza europea.

C’è chi le chiama navi della speranza, chi invece le definisce operazioni di facciata. Le flottiglie che in queste settimane salpano da Genova, Barcellona, Catania e altri porti del Mediterraneo verso Gaza non sono solo barche cariche di aiuti: sono simboli che parlano al mondo.

A bordo ci sono medicine, cibo, acqua. Pochi container rispetto alle necessità immense di una popolazione sotto assedio. Ma il punto non è mai stato soltanto il carico: è il messaggio.


Il doppio volto delle flottiglie

  • Solidarietà concreta: l’aiuto c’è, anche se limitato. Senza di esso l’iniziativa non avrebbe legittimità.
  • Gesto politico e mediatico: molto più forte del contenuto delle stive. Le partenze diventano cerimonie, con conferenze stampa, attivisti famosi e telecamere.

La solidarietà quindi c’entra e non c’entra: c’entra come spinta ideale, ma non basta a spiegare tutto. Il vero obiettivo è rompere il silenzio e mettere sotto accusa il blocco israeliano, costringendo l’Europa a guardarsi allo specchio.


L’Europa in mezzo al mare delle contraddizioni

Mentre le barche salpano, Bruxelles arranca. Le istituzioni europee, con i loro tempi lunghi e compromessi interni, sembrano sempre inseguire gli eventi. Ogni flottiglia diventa così una prova di debolezza:

  • la società civile agisce,
  • i governi esitano,
  • l’UE appare distante, lenta, talvolta complice.

Il risultato? Aumenta la sfiducia. Crescono le voci di opposizione che accusano l’Europa di non avere né coraggio né unità.


Quando la solidarietà diventa palcoscenico

Tra le vele spiegate e i container imbarcati, spicca sempre una figura giovane, elevata a simbolo planetario. Una ragazza che, invece di vivere la sua età con i dubbi di scuola e università, solca i mari del mondo per solcare soprattutto le pagine dei giornali.
La sua presenza accende i riflettori, ma allo stesso tempo rischia di spostare l’attenzione: si parla meno di Gaza e più del suo volto in copertina. Un cortocircuito perfetto, dove la causa umanitaria si intreccia con l’interesse personale e mediatico, fino a confondersi.


Pubblicità per le opposizioni

Che piaccia o no, le flottiglie sono anche pubblicità politica. Permettono a movimenti e ONG di dire: “Noi facciamo, l’Europa resta a guardare”. Un messaggio semplice, che colpisce più di mille dossier diplomatici.


Un rischio per tutti

Se una nave dovesse essere fermata con la forza o, peggio, colpita, l’Europa non potrebbe più nascondersi dietro i tempi della burocrazia. Si troverebbe costretta a reagire, con conseguenze imprevedibili nei rapporti con Israele e con gli stessi cittadini europei.


Conclusione – Sveglia, Europa

Ogni volta che una barca lascia il porto con poche casse di aiuti e un carico enorme di simboli, l’Europa mostra la sua assenza. Rimane ancorata alle procedure, ai veti incrociati, ai tempi infiniti della burocrazia.

Ma fuori dai palazzi, il mondo corre. Le ONG riempiono i vuoti, i movimenti civili alzano la voce, le opposizioni trovano spazio dove tu, Europa, taci.

Per questo, il messaggio che sale dal Mediterraneo è chiaro: sveglia, Europa. Non si può navigare nel XXI secolo con la bussola del secolo scorso. Non basta dichiararsi “potenza di pace” se, quando la pace brucia, resti ferma in porto a contare le carte.

Se non vuoi essere ridotta a spettatrice, devi trovare il coraggio di salpare anche tu.