“Branca, branca, branca… leon, leon, leon!”

👉 Quando la flottiglia si trasforma in un’armata Brancaleone: il rischio di ridicolizzare una tragedia reale.

Prima di tutto, un rispetto dovuto: a Gaza la gente soffre davvero. Non servono parole retoriche per dirlo — basta pensare a case distrutte, a bambini senza scuola, a vite sospese tra macerie e silenzi. È una tragedia che non può e non deve essere ridotta a spettacolo.

Eppure, accanto a questa realtà, vediamo comparire spedizioni che sembrano uscite da un film di Monicelli. Flottiglie improvvisate, barche assemblate alla meno peggio, proclami da crociata e scenografie che ricordano più l’armata Brancaleone che una missione umanitaria. E allora risuona inevitabile il coro: “Branca, branca, branca… leon, leon, leon!”.

Il rischio è chiaro: confondere il coraggio con la caricatura. Una causa nobile con una recita. Perché non basta la buona volontà a trasformare un gesto in strategia, e nemmeno un viaggio in aiuto concreto. Senza organizzazione, senza credibilità, si finisce per fare il gioco opposto: ridicolizzare ciò che meriterebbe serietà.

Non è questione di deridere chi parte — spesso con generosità sincera — ma di chiedersi se questo modo di partire serva davvero a Gaza, o se serva più a chi vuole sentirsi cavaliere senza cavallo.

Nel film, Brancaleone e la sua armata ci facevano ridere proprio perché erano consapevolmente una parodia. Qui invece si rischia di trasformare la tragedia in farsa. E non c’è niente di più ingiusto che ridicolizzare chi soffre davvero.

Gaza merita rispetto. Gaza merita dignità. La solidarietà merita serietà. Senza, il rischio è che il mare non porti aiuto, ma soltanto un’eco stonata:
“Branca, branca, branca… leon, leon, leon!”.