La scuola aperta, la piazza chiusa: perché senza capire non si cambia nulla

“La scuola dovrebbe insegnare a capire, non a urlare. Ma oggi la lezione è: l’assenza è giustificata.”

C’è chi oggi si indigna perché lo sciopero generale blocca i treni e rallenta le città. C’è chi applaude perché “finalmente la piazza si muove”. Ma in mezzo a questi due cori contrapposti, resta fuori un tema enorme: la scuola.

Già, perché se c’è un luogo che non dovrebbe mai chiudere è proprio quello. Non per ideologia, ma per logica: la scuola serve per capire, non per urlare slogan imparati a memoria.


Lo sciopero che crea disagio… ma a chi?

Lo sciopero, per sua natura, serve a creare disagio. È la sua ragione d’essere: fermare il flusso normale delle cose per far sentire il peso di una protesta. Giusto, sacrosanto.

Il problema è quando lo sciopero si trasforma in megafono facile: tutti contro tutto, con cartelli scritti a pennarello che sembrano un karaoke improvvisato della geopolitica. E allora diventa complicato distinguere tra chi lotta per una causa e chi semplicemente fa parte del coro.


La scuola come antidoto agli slogan

Una società che chiude le scuole per aprire le piazze è destinata a vivere di contrapposizioni sterili.
Perché è tra i banchi che si imparano la storia, le cause, i numeri reali; è lì che si possono distinguere vittime da carnefici, ragioni da pretesti, diritti da slogan.

La piazza è importante, ma senza conoscenza rischia di trasformarsi in una gigantesca eco. E un’eco, per definizione, ripete: non spiega.


I veri disagi che non indignano nessuno

Oggi ci si arrabbia per qualche treno in ritardo. Bene. Ma quanti si arrabbiano per la scuola che non funziona? Per gli studenti che non hanno laboratori, biblioteche, strumenti? Quanti si indignano davvero per un Paese che considera la scuola un “fastidio”, un costo da tagliare, invece che un investimento?

Il disagio che dovrebbe scuoterci è questo: un’Italia che protesta senza capire, che si commuove davanti a un corteo e non davanti a un registro scolastico pieno di assenze, vuoti e occasioni mancate.


La conclusione (amara ma necessaria)

Se vogliamo davvero cambiare qualcosa — in Medio Oriente come sotto casa nostra — serve più conoscenza e meno improvvisazione.
Le scuole devono rimanere aperte. Sempre.
Perché la scuola serve per capire, non per urlare slogan imparati a memoria.