
Il Lago di Bomba, specchio d’acqua incastonato tra le montagne dell’Abruzzo chietino, è tornato al centro dell’attenzione. Non per il turismo o per la bellezza naturale che lo contraddistingue, ma per una vicenda che da oltre vent’anni si ripresenta ciclicamente: il progetto di estrazione di gas dal giacimento Collesanto. Oggi, ancora una volta, i riflettori sono puntati su questo angolo di Val di Sangro, e con essi riaffiorano timori, polemiche e interrogativi.
Negli ultimi giorni, infatti, circolano con insistenza voci di corridoio: il parere favorevole del Ministero dell’Ambiente sarebbe ormai pronto a tradursi in un decreto operativo, aprendo così la strada all’inizio dei lavori. Un rumor che si somma a un contesto già carico di tensione, tra pareri tecnici, ricorsi annunciati e comunità locali in fermento.
Il parere del Ministero: un via libera contestato
La Commissione VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) del Ministero dell’Ambiente ha già espresso un parere favorevole sulla compatibilità del progetto con l’ambiente circostante. Una decisione che, almeno sulla carta, rafforza la posizione della società proponente, LNEnergy, e avvicina il progetto al traguardo.
Immediata, però, la reazione del mondo ambientalista. WWF e Legambiente Abruzzo hanno contestato duramente il via libera, ricordando che i rischi geologici e sismici della zona non sono affatto scomparsi. La memoria storica, d’altronde, è ancora viva: negli anni passati studi universitari e pareri tecnici avevano evidenziato la possibilità di subsidenza e l’accentuazione del rischio sismico in un’area già fragile.
Le voci di corridoio
È in questo clima che nascono le voci. Nei bar di paese, nelle riunioni di comitato, lungo le strade che costeggiano il lago: si mormora che il decreto operativo sia imminente, che le trivelle siano già pronte a muoversi, che l’avvio dei lavori sia questione di settimane.
Ma al momento mancano comunicati ufficiali che confermino tali scenari. Non esiste un calendario reso pubblico, né una data certa di apertura dei cantieri. Le “voci” sono figlie di un territorio che da anni vive in bilico, in attesa di capire se il progetto si realizzerà davvero o se verrà nuovamente bloccato da ricorsi, proteste e nuove verifiche.
Le incognite burocratiche
È vero che il parere VIA segna un passo importante. Ma non è l’unico tassello del mosaico. Restano da acquisire altri permessi, a partire dal nulla osta del Ministero della Cultura, chiamato a valutare l’impatto paesaggistico e archeologico. Ci sono poi i passaggi legati alla sicurezza idrogeologica e sismica, oltre al necessario coinvolgimento degli enti locali.
Non va dimenticato, inoltre, che i sindaci e i comitati hanno già annunciato ricorsi al TAR non appena il decreto verrà pubblicato. Una mossa che potrebbe allungare ulteriormente i tempi e bloccare, almeno in parte, la traduzione operativa del progetto.
Un territorio che trema
Perché tanta resistenza? La risposta sta nella geografia e nella storia di questa terra. Il Lago di Bomba non è soltanto un bacino idrico artificiale: è un luogo identitario, un simbolo paesaggistico e una risorsa turistica per i comuni limitrofi.
L’idea di perforare il sottosuolo e di estrarre gas in una zona che già convive con il rischio sismico evoca paure profonde. Paure che non riguardano solo la scienza, ma la memoria collettiva. Qui la terra ha tremato più volte, e la prospettiva che un intervento industriale possa accentuarne l’instabilità appare a molti come un rischio inaccettabile.
A ciò si aggiunge il timore per il futuro economico: puntare sull’estrazione di gas, dicono in tanti, significa snaturare la vocazione turistica e agricola della zona, che invece dovrebbe essere valorizzata come risorsa sostenibile e duratura.
Politica e comunità
La politica locale non è rimasta ferma. In Regione Abruzzo è stata presentata una risoluzione urgente per chiedere la revoca del parere ministeriale. Allo stesso tempo, assemblee pubbliche e consigli comunali straordinari hanno ribadito la contrarietà delle istituzioni territoriali.
Le comunità, dal canto loro, continuano a mobilitarsi. Il ricorso al TAR è stato annunciato già come un atto dovuto. E non mancano iniziative dal basso: raccolte firme, manifesti, incontri pubblici. È un fronte composito, che unisce cittadini, amministratori, associazioni e comitati in una battaglia comune.
Rumor e realtà: una storia che si ripete
Le voci di corridoio, in fondo, sono lo specchio di un clima di incertezza. Ogni volta che il progetto sembra tramontare, ritorna. Ogni volta che viene dato per morto, riappare sotto una nuova veste. È una storia fatta di attese, di speranze e di timori, che da anni accompagna la vita di chi abita intorno al Lago di Bomba.
Forse è proprio questa lunga sospensione a rendere i rumor così potenti: in assenza di certezze, ogni parola, ogni indiscrezione diventa notizia. Ma se la storia recente insegna qualcosa, è che la partita è tutt’altro che chiusa.
Conclusione
Oggi, dunque, ci troviamo davanti a una verità parziale: il progetto di estrazione del gas sotto il Lago di Bomba ha ricevuto un parere favorevole dal Ministero, ma non è ancora pronto a trasformarsi in cantiere. Mancano passaggi burocratici, sono annunciati ricorsi, e il fronte del “no” appare determinato a dare battaglia.
Le voci di corridoio, che parlano di un inizio lavori imminente, testimoniano la tensione di un territorio che si sente sotto assedio. Ma tra rumor e realtà, resta una certezza: questa vicenda continuerà a segnare il futuro della Val di Sangro, costringendo tutti — politica, imprese, cittadini — a chiedersi quale direzione scegliere per il proprio domani.