Un voto, un like e pure la mamma in saldo

“Quando per un voto o un like si è disposti a svendere perfino la mamma: la politica e i social al mercato delle dignità.”

Quando la politica e i social gareggiano a chi si svende prima

Una volta bastava il voto di scambio: una promessa vaga, un favore sotto banco, il famoso “ti sistemo il nipote” o “domani ti arriva il posto fisso”. Oggi è tutto più moderno, più social, più smart: basta un like. Una carezza digitale, un cuoricino messo distrattamente, e il politico di turno si gonfia il petto come se avesse ricevuto l’investitura divina.

Dal comizio alla diretta Instagram

Il comizio in piazza era faticoso: ore in piedi, voce che si spegne, contestatori che urlano. Oggi c’è la diretta Instagram, dove l’onorevole filtra la propria immagine con un po’ di luce soffusa e racconta al popolo che “siamo tutti sulla stessa barca”. Peccato che la barca sia un panfilo da 30 metri e che i cittadini remano sulle zattere.

Ma funziona: arriva un like, poi due, poi mille. “Il popolo mi ama!” – urla lui, dimenticando che metà di quei profili sono bot filippini comprati a pacchetto.

La madre in saldo (e pure la zia con la dentiera)

La discesa non ha fondo. Per un voto in più o un like da esibire, certi campioni della furbizia politica sarebbero disposti a vendere pure la madre. E se non basta, via anche la nonna, il cane e la zia con la dentiera nuova di zecca. Il problema è che, una volta svenduti tutti i parenti, resta solo la dignità. Ma tranquilli: quella ha un prezzo ancora più basso.

C’è chi, pur di guadagnarsi una manciata di applausi virtuali, recita la parte del moralista in TV la sera, e il mattino dopo firma provvedimenti che fanno arrossire perfino il cinismo. Un like qui, un voto là: il baratto è servito.

La politica come televendita

Non chiamatela più politica: è televendita. Cambiano i prodotti, non la logica. Un tempo si vendevano pentole antiaderenti, oggi “riforme epocali” che durano un fine settimana. “Acquista oggi la mia promessa elettorale e riceverai in omaggio due bonus, un condono e la spesa pagata fino a Natale!”

Il cittadino, intanto, scorre distratto il feed: non distingue più tra una ricetta di tiramisù e la riforma fiscale, tra un tutorial per piegare le magliette e il nuovo piano per la sanità.

Dal consenso al cabaret

La verità è che la politica è diventata cabaret, ma senza il talento di un vero comico. Il palco è sempre lo stesso, gli applausi sono finti, la scenetta si ripete. E se qualcuno osa ricordare che un tempo c’erano idee, visioni, persino ideali, la risposta è pronta: “Sì, ma quelli non prendevano like!”.

E allora eccoci qui, spettatori rassegnati di un grande varietà del sabato sera che non finisce mai. Con la differenza che il biglietto lo paghiamo noi, e non solo con i soldi, ma con la fiducia che si sgretola.

E domani?

Domani, quando non resterà più niente da svendere, qualcuno proporrà l’asta finale: un voto in cambio di un selfie col politico in pigiama. Oppure il like garantito con la consegna a domicilio della dignità, già pronta, già impacchettata.

Nel frattempo, la domanda resta sospesa, più seria della satira: se davvero siamo disposti a svendere tutto per un consenso digitale, chi avrà mai il coraggio di ricomprarsi la dignità perduta?