
➤ All’inizio il mare fu gentile. La vela prese un vento regolare, la scia retta come una riga tirata col gesso. Ma la gentilezza del mare dura un respiro: l’azzurro sbiadì in latteo, e una foschia sottile scese dall’alto, mangiando i contorni delle cose.
Il Viaggiatore strinse la bussola nel palmo. L’ago non tremava; eppure ogni fibra diceva che una rotta può smarrirsi anche quando gli strumenti giurano il contrario.
«È solo nebbia» mormorò il vecchio pescatore, «ma la nebbia è il modo che il mare ha di chiederti fiducia».
Dal velo grigio affiorarono piccole isole basse: scure, quasi piatte. Niente alberi, niente spiagge: solo pietra e grovigli di legni spiaggiati. L’equipaggio si agitò: c’era chi voleva fermarsi ad aspettare, chi preferiva aggirarle da lontano.
«Non sono pericolose» disse la donna con il sacchetto di terra. «Sono soltanto… inutili».
Il Viaggiatore capì. Erano isole senza approdo: promettono sollievo, regalano stallo. Isole del dubbio.
Passarono la prima senza voltarsi. Alla seconda, il ragazzo indicò una figura sulla riva: un palo scheggiato, curvo di sale, che pareva un braccio alzato in saluto.
«Sembra un trabocco caduto» sussurrò.
«No» rispose il Viaggiatore, «è il mare che gioca con le somiglianze». Meglio non lasciare che la nostalgia facesse da faro.
La foschia si addensò; le voci divennero cautissime, come se ogni parola potesse rompere l’aria. Allora arrivarono i pensieri brevi, quelli che non si vogliono dire ad alta voce: e se stessimo sbagliando rotta? e se i trabocchi fossero ormai solo una storia?
Il mare, percependo quel tremito, cambiò passo: non onde grandi, ma un’onda contraria, piccola e ostinata, capace di togliere ritmo. Il nemico peggiore è l’acqua che ti ruba un palmo alla volta.
Per scaldare mani e memoria, il vecchio raccontò di quando aveva imparato a “leggere” le correnti dal colore dell’acqua. «Vedi quel grigio che sa di ferro? Viene da fondali più profondi: ti spinge di lato. Non opporle il petto: cedile un passo e riprendila quando cala. Così si cammina anche con la fatica».
Si ascoltò in silenzio. In mare, a volte, le parole scaldano più di una coperta.
La bussola restava fedele, ma la nebbia non mollava. Dalle isole veniva un rumore secco, come legni che si toccano. Il ragazzo pensò ancora a un trabocco; tacque. La donna aprì il sacchetto e si sporcò le dita di terra. «Per ricordarci da dove veniamo».
Il Viaggiatore annuì. Quel gesto aveva il peso giusto: come legare una cima al punto esatto.
A metà giornata emersero due boe. Piccole, distanti, la foschia le rendeva sorelle: uguali e contrarie. Una oscillava nervosa, tirata da una corrente invisibile; l’altra quasi ferma.
«Quale seguiamo?» chiese il ragazzo.
«Quella che si muove» rispose il Viaggiatore. «La rotta non è un quadro appeso, è un filo teso».
Virarono appena. L’acqua cambiò suono: non più fruscio, ma passo profondo, come sabbia che cede alla ghiaia.
La prima discussione scoppiò per una sciocchezza: dove riporre la lanterna per non bagnarla. La stanchezza cerca pretesti per uscire allo scoperto. Il Viaggiatore lasciò che due frasi si urtassero, poi posò lui stesso la lanterna al centro del ponte. «Qui» disse piano, «dove tutti la vedono e nessuno se ne appropria. La luce non è un oggetto: è un accordo».
La tensione si sciolse. Qualcuno sorrise. In mare, spesso, la leadership è un gesto preciso al momento giusto.
La nebbia concesse un varco: una finestra di chiaro in cui il cielo riprese colore. Lontano—molto lontano—una linea scura tagliava l’orizzonte in diagonale. Non una costa, non una vela. Una traccia.
«Potrebbe essere una falda di nuvola» disse il pescatore.
«Potrebbe essere il braccio di un trabocco» osò il ragazzo.
Il Viaggiatore non disse nulla: non volle dare un nome al desiderio.
Il vento girò di un quarto; con lui l’umore del mare. L’onda contraria prese a battere sulla fiancata destra, insistente come chi picchietta a un portone. La barca iniziò una deriva lenta verso uno scoglio che la carta segnalava appena.
«Non armare la paura» disse il vecchio, «armiamo la vela piccola».
Ridotta la tela, lo scafo smise di ostinarsi e prese a danzare con l’acqua invece che sfidarla. La deriva restava, ma smise di essere sentenza: diventò regola con cui fare i conti.
Fu allora che apparve un tronco levigato, osso di balena di legno, con un chiodo arrugginito e un brandello di corda. Sembrava davvero un pezzo di trabocco staccato da una tempesta antica.
Il ragazzo si sporse per toccarlo.
«Lascialo andare» disse il Viaggiatore con dolcezza. «Non tutto ciò che somiglia a casa è destinato a tornarci».
Il tronco scivolò via, come passano le occasioni che non sono per noi.
Verso sera la foschia si sollevò. Il mare tornò a blu, l’aria da garza ridivenne aria. Si respirò come dopo una salita. Le isole del dubbio erano rimaste indietro, ma non avevano smesso di lavorare dentro ciascuno: il dubbio, attraversato, non scompare; si trasforma in attenzione.
Il Viaggiatore aprì il quaderno. Scrisse poco: Oggi il mare ha chiesto fiducia. Abbiamo risposto senza gridare. Chiuse il taccuino e guardò il cielo. A ponente correvano nuvole scure, crini di luce al vento. «Domani ci metteranno alla prova» pensò.
La donna lasciò cadere un granello di terra oltre il bordo. «Per ricordare che ogni passo sull’acqua è un passo verso la riva».
Il ragazzo sorrise, meno inquieto. Il vecchio pescatore annodò due cime con un nodo pulito, il nodo che si usa quando si sa che la notte non sarà breve.
Al tramonto, l’orizzonte rimostrò quella linea scura, più netta di prima. Non una costa, non ancora. Ma neppure una nuvola. Una struttura? Un’ombra? Una promessa?
Nessuno osò dirlo. L’acqua si fece calma come prima del respiro; la barca trovò un ritmo che pareva proprio il suo.
La notte arrivò senza rumore. La lanterna disegnò un triangolo caldo sulla vela. L’equipaggio si dispose ai turni. Il Viaggiatore rimase al timone un po’ più del necessario. Quando il vecchio gli posò una mano sul braccio per dargli il cambio, lui concesse il sorriso di chi ha capito qualcosa: le isole del dubbio non avevano vinto; avevano insegnato a procedere con prudenza senza perdere direzione.
Nel buio, lontanissimo, una scia breve s’accese e si spense, come un occhio. Non un faro vero: un lampo. Eppure, per un istante, parve un richiamo.
«Domani» disse piano il Viaggiatore, «capiremo se quella luce è avvertimento o invito».
Il mare montava piano. Non ancora tempesta: un pensiero di tempesta. E tra le onde che sussurravano, qualcuno credette di udire—appena—un canto troppo rapido per essere vento. Un canto che prometteva scorciatoie.
Quello sarà un altro capitolo.

