Mentre il calcio vende plusvalenze, la pallavolo compra cuori

“Quando il calcio conta i milioni, la pallavolo conquista i cuori. Italia campione del mondo: emozione vera, non plusvalenze.”

Italia campione del mondo di volley maschile: un trionfo che vale più di qualsiasi Champions League


Il ritorno sul tetto del mondo

Certe sere diventano storia. Non importa dove ti trovavi: in salotto con la famiglia, in un bar con gli amici, in piazza davanti a un maxischermo. Quando l’Italia della pallavolo maschile ha schiacciato l’ultimo punto contro la Bulgaria, l’urlo si è alzato da nord a sud.
Un 3-1 netto, meritato, figlio di una squadra giovane ma già matura. È il quarto mondiale della nostra storia, ma ogni volta ha il sapore di un primo amore. Perché la pallavolo, rispetto a tanti altri sport, ha una dote rara: non invecchia mai. Ogni vittoria è fresca, genuina, contagiosa.


Non solo punti, ma lezioni di vita

La pallavolo non è fatta per solisti. Non c’è il bomber che decide da solo, né il genio che può risolverla con un dribbling. Qui ogni gesto dipende dall’altro: la ricezione precisa, l’alzata millimetrica, l’attacco che chiude.
Guardando gli Azzurri, si capisce che lo sport può essere anche una metafora sociale: senza collaborazione non c’è vittoria. Una verità che il calcio miliardario sembra aver dimenticato da un pezzo, perso tra contratti faraonici e selfie con sponsor.


La Rai, una volta tanto, al posto giusto

E poi c’è lei, la Rai.
Sì, la stessa che spesso viene accusata di pensare più alle copie di Sanremo che allo sport minore. Questa volta, però, ha fatto centro: ha deciso di trasmettere il mondiale in chiaro.
Un regalo prezioso. Nessun abbonamento a piattaforme dal nome impronunciabile, nessuna password da ricordare, solo il telecomando. Così milioni di italiani hanno potuto emozionarsi insieme.
Un servizio pubblico che funziona, insomma. Anzi, un promemoria: la tv di Stato serve esattamente a questo, a dare a tutti l’accesso a momenti che non hanno prezzo.


Il calcio? Sempre fuori gioco

Il confronto è inevitabile, e un po’ crudele.
Nel calcio, un terzino che corre storta guadagna 2 milioni l’anno. Un centravanti che sbaglia un rigore decisivo viene coccolato lo stesso con sponsor e campagne pubblicitarie. Una squadra retrocessa continua a macinare fatturati come se nulla fosse.
Eppure, da quanto tempo il calcio italiano non ci regala una gioia collettiva? Una vittoria vera, non una tournée in America o un acquisto da copertina?

La pallavolo, con stipendi dieci volte inferiori, ci ha riportato sul tetto del mondo. Con un gruppo di ragazzi che, se li incontri al supermercato, ti salutano e forse ti chiedono anche un consiglio sulla pasta da comprare. Non hanno bisogno di guardie del corpo o macchinoni blindati. Hanno solo voglia di giocare e vincere.


La fatica che profuma di autenticità

C’è qualcosa di speciale nel vedere un muro perfetto o un ace che spacca il campo. È la bellezza della precisione conquistata con anni di allenamento, non con il portafoglio.
Nessuno di loro si arricchirà per questa vittoria. Non ci saranno isole private da comprare o jet da parcheggiare in qualche hangar. Eppure, hanno scritto una pagina che rimarrà nella storia dello sport italiano.

E mentre i calciatori contrattano sui diritti d’immagine, i pallavolisti ci mostrano l’immagine più vera: il volto sudato, l’abbraccio di squadra, l’urlo liberatorio che viene dal cuore.


Una festa popolare

La vittoria è stata seguita da milioni di persone. Piazze piene, social intasati di messaggi, bar che sembravano piccoli stadi. L’Italia ha riscoperto il piacere di tifare insieme per qualcosa che non divide, ma unisce.
Non c’erano cori razzisti, non c’erano polemiche su arbitri venduti, non c’erano scontri fuori dai palazzetti. Solo gioia pura, quella che non ha bisogno di giustificazioni.

Perché la pallavolo ha questa magia: la vedi, la vivi, e ti sembra di far parte della squadra.


Una lezione anche fuori dal campo

In un Paese abituato a dividersi su tutto – dalla politica al meteo – questa Nazionale ci ha regalato una lezione semplice: la forza nasce dal gruppo.
Se funziona in campo, potrebbe funzionare anche fuori: meno egoismi, più gioco di squadra.
E forse è per questo che la vittoria è stata così emozionante: non è solo un trofeo, ma una piccola bussola morale.


Domani torneranno i milioni (ma oggi no)

Sappiamo già come andrà a finire: i giornali torneranno a riempirsi di notizie sul calcio mercato, sugli ingaggi record e sulle clausole di rescissione. Qualche trafiletto parlerà ancora della pallavolo, poi il silenzio.
Ma non importa. Perché noi questo mondiale ce lo porteremo dentro. Perché sappiamo che, almeno per una notte, lo sport vero ha battuto quello di plastica.

E chissà, magari qualche ragazzino, vedendo la partita in tv, deciderà di iscriversi a un corso di volley invece che a una scuola calcio. Sarebbe il vero capolavoro di questa vittoria.


Conclusione: oro vero, non dorato

Italia campione del mondo di pallavolo maschile.
Suona bene. Suona meglio di “plusvalenze”, meglio di “clausole rescissorie”, meglio di “sponsor tecnico”. È musica autentica, che non ha bisogno di auto blu né di stipendi folli.
È la dimostrazione che lo sport, quello con la S maiuscola, sa ancora sorprendere.

Un grazie immenso ai nostri ragazzi, alla Federazione, allo staff. E un grazie alla Rai, che stavolta ha fatto la Rai.

Mentre il calcio continua a rotolare tra miliardi e illusioni, la pallavolo ci ha ricordato che l’unico patrimonio che conta è l’emozione condivisa.
E, credetemi, non c’è Champions League che valga un urlo liberatorio gridato insieme davanti a un televisore.