
Il pescato cambia, ma il mare resta lo stesso. 🍴🌊”
Le cattedrali di legno sul mare
Chi arriva a Fossacesia non può non notarli: i trabocchi. Strutture di legno sospese tra cielo e mare, con braccia lunghe che sembrano voler abbracciare l’orizzonte. Li chiamano “cattedrali di legno sul mare” e, come tutte le cattedrali, hanno avuto la loro epoca di gloria, declino e rinascita.
Un tempo servivano per pescare sardine, triglie, cefali. Oggi servono soprattutto per un’altra pesca: quella dei turisti.
Dal bisogno all’ingegno
I trabocchi nascono dalla povertà. Costruiti da contadini-pescatori che non avevano barche, erano un modo ingegnoso per catturare il pesce senza affrontare le onde.
Una piattaforma di legno, corde, carrucole e reti calate in mare: un’architettura fragile e al tempo stesso resistente, che sfidava il vento e le mareggiate.
La loro bellezza stava nell’essere macchine umili, figlie del bisogno. Nessuno avrebbe immaginato che un giorno sarebbero diventate simbolo turistico e ristoranti alla moda.
La metamorfosi: dal pesce povero al menù gourmet
Eppure è successo. Negli anni ’90 i trabocchi caduti in disuso sono stati recuperati. Qualcuno li ha restaurati, altri li ha trasformati in piccole trattorie, poi in ristoranti panoramici.
Così il brodetto che un tempo sfamava famiglie intere è diventato piatto da 35 euro. E le sardine, che un tempo finivano nelle reti, ora finiscono nei menù degustazione.
L’ironia è evidente: i trabocchi non pescano più pesci, ma turisti.
E funzionano benissimo: perché il turista, si sa, è l’unico animale che si lascia catturare volentieri, soprattutto se accompagnato da un calice di Montepulciano.
Il turismo esperienziale (e un po’ chic)
Mangiare su un trabocco non è solo cenare. È vivere un’esperienza: il rumore delle onde sotto i piedi, il legno che scricchiola, il tramonto che scivola in mare.
La ristorazione lo ha capito e ha trasformato un simbolo di povertà in un marchio di lusso.
Un tempo i trabocchi erano “macchine per sopravvivere”. Oggi sono “macchine da Instagram”: perfetti per selfie e storie social, con piatti decorati che sembrano opere d’arte.
La satira del menù
E qui la satira si scrive da sola.
- Un tempo le reti raccoglievano sardine. Oggi raccolgono carte di credito.
- Un tempo ci si bagnava i piedi per tirare su il pesce. Oggi ci si bagna il portafoglio per pagare il conto.
- Un tempo si mangiava pesce povero. Oggi si paga per sentirsi ricchi davanti a un piatto povero diventato gourmet.
Non è un’accusa, è la fotografia di un paradosso: il lusso costruito sul bisogno.
Meglio pieni che vuoti
Eppure, al di là dell’ironia, c’è un dato di fatto: meglio un trabocco pieno che un trabocco caduto.
Il turismo, anche se un po’ snaturato, ha permesso a queste strutture di sopravvivere. Senza i ristoranti, molti trabocchi sarebbero già crollati, inghiottiti dalle mareggiate.
La sfida è tutta qui: come mantenere viva l’autenticità dentro la trasformazione turistica.
Fossacesia e la sua identità
Per Fossacesia, i trabocchi non sono semplici attrazioni. Sono parte dell’anima del borgo, insieme all’Abbazia di San Giovanni in Venere e agli ulivi che scendono fino al mare.
Saperli raccontare con onestà – senza trasformarli solo in “ristoranti di lusso” ma anche in luoghi di memoria, cultura e identità – è la vera chiave per non ridurre tutto a business.
Conclusione
I trabocchi di Fossacesia hanno fatto un lungo viaggio: da reti di sardine a reti di turisti.
Hanno perso la loro funzione originaria, ma hanno guadagnato un nuovo ruolo: simbolo, attrattiva, occasione di rinascita.
La satira ci fa sorridere dei menù gourmet e dei selfie al tramonto. Ma sotto l’ironia resta una certezza: senza questa metamorfosi, forse oggi parleremmo dei trabocchi solo al passato.
👉 La domanda è: vogliamo che restino solo “ristoranti sospesi”, o possiamo trasformarli in luoghi vivi di cultura, memoria e futuro?
✍️ Il Sognatore Lento