
Quando le stagioni si incontrano, e i paesi restano in silenzio
C’è un momento preciso, ogni anno, in cui il tempo sembra sospendersi. Non è ancora inverno, eppure l’autunno non è più padrone assoluto del paesaggio. È l’attimo in cui la Maiella, da secoli custode silenziosa, si lascia accarezzare dalla prima neve.
Da Montenerodomo lo sguardo si apre come un libro antico: le colline a valle conservano ancora il respiro caldo della terra, i vigneti e gli uliveti disegnano curve morbide, e più in alto, oltre le nubi, la montagna appare improvvisamente imbiancata. È come assistere a un rito che si rinnova senza mai stancare, un appuntamento che la natura non dimentica.
Eppure, chi resta a guardare questo spettacolo si accorge che qualcosa è cambiato. La speranza di condividere queste immagini, di vederle riflesse negli occhi di chi vive qui, si affievolisce sempre di più con lo spopolamento. Le case chiuse, le finestre senza luce, le voci che mancano. La montagna continua a vivere i suoi cicli, ma il paese intorno rischia di non avere più chi li racconti.
Il bianco sulla cima non è solo neve: è un segno di passaggio, il varco tra due stagioni che dialogano a distanza. Sotto, l’autunno tiene ancora accese le sue lanterne di foglie, i frutti maturi, il ritmo lento dei lavori nei campi. Sopra, l’inverno manda il suo primo messaggio, discreto ma inequivocabile: presto il silenzio e il gelo avvolgeranno i pendii. E il silenzio, qui, non è solo quello della natura: è quello di un paese che lentamente si svuota.
La luce del tramonto incendia le nuvole con sfumature rosa e arancio, e sembra quasi voler difendere la bellezza di questo paesaggio. Ma una bellezza che non incontra più sguardi rischia di diventare un segreto custodito solo dalla montagna.
Forse è questo il pensiero che più fa male: la Maiella continuerà ad alzarsi fiera e a vestirsi di neve, ma chi ci sarà ancora a fermarsi ad ammirarla da Montenerodomo?
Eppure, proprio da questo dolore nasce un appello silenzioso. La montagna ci ricorda che siamo parte di un disegno più grande, che il tempo scorre ma non tutto deve perdersi. Tocca a noi, a chi resta e a chi ritorna, non lasciare che la neve cada invano.
Perché un paese che smette di guardare la sua montagna smette anche di guardare se stesso.