
C’è una parola che negli ultimi anni ha perso il suo peso tragico e si è trasformata in slogan da talk show: genocidio.
La usano tutti: opinionisti con dieci master e zero idee, politici con quattro soldi ma stipendi da favola, sedicenti storici che hanno scambiato Wikipedia per l’Enciclopedia Britannica.
Il problema? Che genocidio non è una parola da aperitivo radical chic. Non basta alzare un calice di prosecco biologico e gridare: “Genocidio!” per trasformare qualsiasi tragedia in Shoah 2.0.
📚 Genocidio: ripasso per chi ha saltato lezione
Raphael Lemkin, giurista polacco, coniò il termine nel 1944. La Convenzione ONU del 1948 lo ha scolpito nel diritto internazionale. Significa: l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso.
Non significa:
- il taglio ai fondi Erasmus,
- la chiusura di un ristorante vegano,
- la mancata conferma del contratto da ricercatore precario.
👔 Politici e laureati di cartone
In Italia però, pare che ogni settimana si riscopra un genocidio nuovo.
- Il traffico? Genocidio degli automobilisti.
- La benzina a 2 euro? Genocidio dei pendolari.
- Il Wi-Fi lento? Genocidio della connessione.
E chi lo dice? Gli stessi politici professionisti della lamentela, laureati con curriculum chilometrici e master collezionati come punti fragola. Persone che non distinguono un crimine di guerra da un crimine contro l’umanità, ma intanto si alzano lo stipendio perché “la democrazia costa”.
🎓 Sedicenti storici da salotto
Poi ci sono loro: i professori da talk show. Quelli che spiegano il Medio Oriente in 30 secondi, che citano Tucidide senza aver mai superato un esame di greco.
Se chiedi cos’è un genocidio, ti rispondono: “Beh, è chiaro: tutto quello che non mi piace.”
🕵️ La verità è un’altra
Il genocidio è una cosa terribilmente seria. Shoah, Armenia, Ruanda, Srebrenica.
Non i tuoi capricci accademici, non le tue metafore da conferenza universitaria.
Se confondi tutto, non sei un intellettuale impegnato: sei un ciarlatano stipendiato.
📝 Conclusione
Cari radical chic con dieci master, cari politici da quattro soldi con stipendi d’oro, cari storici improvvisati:
prima di urlare “genocidio” alla prima occasione, fate una cosa semplice.
Prendete un libro di storia. Leggetelo. E poi, magari, tacete.