
Radical chic – l’élite dei salotti che confonde indignazione e aperitivo
Tra talk show, post indignati e calici di prosecco bio, c’è un’Italia che scambia la coscienza civile con il gossip politico e la geopolitica con un hashtag.
Premessa
Viviamo in un’epoca in cui la politica sembra sempre più uno spettacolo e l’impegno civile una moda da salotto.
C’è chi lotta davvero, con fatica e sacrifici, e chi invece trasforma le tragedie del mondo in argomento da aperitivo.
È a questa seconda categoria che si rivolge la satira: i cosiddetti “radical chic”, che tra un post indignato e un calice di prosecco credono di cambiare il destino dei popoli.
L’articolo
Ci sono i radical chic.
Quelli che parlano di Palestina con un calice di prosecco bio in mano, e di Gaza sanno solo che è lontana quanto Ibiza ma senza discoteche.
Quelli che spiegano la geopolitica da un attico milanese con vista Brera, salvo poi lamentarsi se sotto casa apre un kebabbaro.
Sono gli stessi che gridano “genocidio!” a ogni talk show, mentre l’unico massacro che hanno visto da vicino è quello del sushi all-you-can-eat il venerdì sera.
E guai a contraddirli: loro hanno “la cultura”, “i master”, “le letture impegnate”. Peccato che dietro quella patina ci sia il vuoto pneumatico.
Il paradosso è che si sentono avanguardia morale, ma in realtà vivono di rendita sulle spalle di chi fa davvero: lavoratori, medici, insegnanti che combattono ogni giorno con stipendi ridicoli e burocrazie mostruose.
Il risultato? Una bolla di parole, tweet, post indignati, interviste, appelli, firme di petizioni online. Tutto rigorosamente eco-friendly, purché non intacchi il comfort.
La verità è che questa categoria non sa fare, non sa insegnare, e quindi critica.
Critica tutti, sempre, ovunque. Con lo stesso tono sapiente con cui ieri spiegava la guerra in Ucraina, oggi quella a Gaza, domani l’innalzamento delle maree.
Un’enciclopedia ambulante di luoghi comuni travestiti da coscienza civile.
E intanto, chi sa davvero fare, continua a lavorare in silenzio, senza riflettori.
Perché la coerenza non ha bisogno di hashtag, e la dignità non si serve in calici da degustazione.
La variante italiana
In Italia i radical chic abbondano. Li riconosci subito: sempre in prima fila a ogni dibattito televisivo, con la frase pronta sul Medio Oriente e la citazione colta da lanciare come coriandolo.
Parlano di diritti con la stessa leggerezza con cui ordinano un Negroni al bar del centro, spiegano il mondo ma non sanno distinguere Gaza da Ramallah su una cartina.
Si indignano per le ingiustizie globali, ma se gli apri un centro di accoglienza sotto casa scatta la raccolta firme.
Sono campioni di coerenza… a parole. Nella vita reale, il massimo del sacrificio è sopportare il ritardo del rider che porta il sushi.
Conclusione
Alla fine, i radical chic resteranno con ciò che conoscono meglio: parole.
Il resto, per fortuna, lo fanno gli altri.
✍️ Il Sognatore Lento