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Cronache dal molo della politica italiana
Matteo Renzi è come quel pescatore che, al mattino presto, arriva al porto con la faccia convinta di chi porterà a casa il bottino. Ha con sé canne nuove, ami scintillanti, secchi puliti e perfino un gilet tecnico da professionista. Parte con entusiasmo, lancia l’amo, si mette in posa da foto di copertina. Poi aspetta.
E aspetta.
E aspetta ancora.
Il problema è che nel mare della politica italiana i pesci hanno imparato a riconoscerlo. Anzi, appena vedono la sua barca si spostano altrove. Una volta i pesci ci cascavano: correvano ad abboccare al “rottamatore”, al “nuovo che avanza”, al ragazzo di Firenze che parlava veloce e prometteva miracoli. Oggi, più che un’esca, quella lenza sa di fregatura già vista.
Il repertorio delle esche
Renzi non si arrende. Cambia esca con una creatività che farebbe invidia a un pescatore del Nilo:
- un giorno rilancia il “partito della nazione”,
- il giorno dopo inventa il “terzo polo”,
- poi annuncia la rinascita del centro,
- nel frattempo scrive libri in cui spiega di aver previsto tutto, ma non essere stato capito.
Ogni volta promette che “stavolta i pesci abboccheranno”. Ogni volta resta col secchio vuoto.
Il mare agitato
La scena è quasi comica: Renzi sul molo, agitato, che sposta la canna da una parte all’altra, lancia più ami, si infuria con l’acqua perché non collabora. Ma i pesci, si sa, non leggono i comunicati stampa né guardano i talk show.
Il mare, anzi, restituisce silenzio. Gli elettori, i consensi, le alleanze: tutto si è rarefatto, come in un’acqua che ha perso i branchi. E a nulla serve gridare “pesce!” quando non tira su nemmeno un’alice.
La grande narrazione
Come ogni pescatore incallito, Renzi ha una scusa pronta: «Era enorme, ma mi è scappato! Ci mancava un attimo! La prossima volta sarà diverso!»
Solo che il tempo delle favole è finito: chi ascolta sorride e cambia canale.
La pesca miracolosa che non arriva
In fondo, Renzi vive di attesa. Attesa che arrivi l’onda giusta, che un pesce distratto abbocchi, che il mare della politica restituisca centralità a chi ormai naviga ai margini. Ma la pesca miracolosa, quella che una volta si chiamava consenso, oggi non si vede più.
E così rimane lì, a gettare ami e reti, sperando che prima o poi qualcuno abbocchi. Ma la politica non è pesca sportiva: non basta insistere. A volte serve riconoscere che il mare non è più il tuo.