
Se la pace arriva, che fine farà la sinistra italiana?
La sinistra teme più la pace che la guerra? Una piccola odissea satirica per capirlo.
La piazza disoccupata
Il primo segnale sarà il silenzio. Non quello delle armi, ma delle piazze.
Niente più tamburi che battono fuori tempo, niente più cori che rimbalzano tra i palazzi.
Gli organizzatori di cortei finiranno a chiedersi: “E adesso, chi ci portiamo contro?”
E qualcuno proporrà la più grande manifestazione nazionale “Contro la Noia”.
I comitati in cerca d’autore
Abituati a nascere come funghi dopo la pioggia, i comitati rischiano l’estinzione.
“Comitato per la pace nel Mediterraneo” diventerà “Comitato per il cappuccino a 1,50 euro”.
Le firme raccolte, stavolta, non serviranno a fermare i bombardamenti, ma a ripristinare la brioche gratis con l’espresso.
L’intellettuale in crisi d’astinenza
Il vero dramma sarà negli editoriali.
Come si riempie una pagina di giornale senza un conflitto da analizzare?
Si leggeranno titoli surreali: “La pace non è neutrale: è di destra”.
E note a piè di pagina che spiegano come il silenzio dei cannoni sia in realtà un complotto delle multinazionali del cioccolato.
La rivoluzione senza scopo
La sinistra, privata della sua guerra di riferimento, dovrebbe occuparsi di cose terrene: salari, sanità, scuola.
Ma qui iniziano i guai. Parlare di stipendi non fa trending topic, discutere di ospedali non porta applausi.
E così il rischio è che qualcuno lanci un nuovo slogan: “Contro la pace ingiusta, per un conflitto sostenibile”.
L’Itaca che non c’è
Come Ulisse senza mare, la sinistra senza guerra non trova la strada di casa.
E allora resta sospesa, con le bandiere arcobaleno in mano e lo sguardo perso.
La pace è arrivata, ma nessuno aveva scritto il manuale d’uso.
✒️ Il Sognatore Lento