Giorgia, complice della pace in Palestina

Il reato di pace
Nell’Italia dei processi mediatici, la colpa più grave non è più dichiarare guerra, ma contribuire alla pace.
Così Giorgia Meloni, spesso dipinta come “falco”, finisce sotto accusa non per armi vendute o alleanze militari, ma per il sospetto di aver favorito un dialogo.
Le reazioni della sinistra
Indignazione immediata.
“Una pace ottenuta da Giorgia non è una vera pace”, scrivono alcuni editorialisti.
“È una pace di destra, quindi in realtà una guerra travestita”.
Nelle piazze, intanto, i cori cambiano: da “Basta guerra” a “Pace sì, ma non così”.
Il paradosso eterno
La Palestina smette di sparare, Israele abbassa le armi, ma in Italia la battaglia continua.
C’è chi non perdona a Giorgia di aver tolto lavoro ai pacifisti di professione.
Gli organizzatori di veglie temono il fallimento, le ONG delle bandiere perdono sponsor, e il mercato dei fischietti arcobaleno va in crisi.
Giorgia come Ulisse
Nell’odissea della politica italiana, Giorgia diventa un Ulisse inatteso: non naviga tra guerre e conflitti, ma tra sospetti e accuse.
Complice non di un delitto, ma di un armistizio.
E forse, proprio per questo, rischia più critiche che se avesse ordinato un bombardamento.