
30 settembre 1946.Capitolo 10 – La sentenza
30 settembre 1946.
Dopo dieci mesi di udienze, milioni di parole trascritte, montagne di prove e decine di testimoni, il Tribunale Militare Internazionale pronunciò il verdetto.
L’aula 600 del Palazzo di Giustizia di Norimberga era gremita: giornalisti, diplomatici, militari e osservatori da tutto il mondo si erano radunati per assistere al momento che avrebbe segnato la fine del processo più importante del XX secolo.
L’attesa
Per giorni, un silenzio carico di tensione aveva avvolto la città.
Gli imputati sapevano che si decideva il loro destino. I giudici, chiusi nelle camere di consiglio, discutevano sulle responsabilità individuali, sui gradi di colpa, sul significato stesso della giustizia internazionale.
Norimberga, ancora piena di macerie, sembrava trattenere il respiro.
L’aula gremita
Quando i giudici entrarono, l’aula si alzò in piedi. Geoffrey Lawrence, presidente del tribunale, prese posto con espressione severa. Accanto a lui, i rappresentanti di Stati Uniti, Unione Sovietica, Regno Unito e Francia.
Gli imputati si disposero come sempre nel banco: alcuni rigidi, altri cupi, altri ancora con lo sguardo assente.
Göring indossava l’uniforme carceraria con atteggiamento di sfida.
Speer teneva un taccuino tra le mani.
Hess appariva smarrito, sospeso tra realtà e delirio.
Le condanne a morte
Dodici imputati furono condannati all’impiccagione:
Hermann Göring
Joachim von Ribbentrop
Wilhelm Keitel
Ernst Kaltenbrunner
Alfred Rosenberg
Hans Frank
Wilhelm Frick
Julius Streicher
Fritz Sauckel
Alfred Jodl
Arthur Seyss-Inquart
Martin Bormann (in contumacia)
La lettura dei nomi cadde come una sequenza di colpi secchi.
Alcuni ascoltarono impassibili, altri si agitarono, altri ancora abbassarono il capo.
Le pene detentive
Altri ricevettero lunghe condanne:
- Rudolf Hess: ergastolo.
- Walther Funk: ergastolo.
- Erich Raeder: ergastolo.
- Albert Speer: 20 anni.
- Baldur von Schirach: 20 anni.
- Karl Dönitz: 10 anni.
Gli assolti
Tre furono assolti:
- Hjalmar Schacht, banchiere.
- Franz von Papen, ex cancelliere.
- Hans Fritzsche, giornalista.
La notizia suscitò reazioni contrastanti: per alcuni era prova di imparzialità, per altri un cedimento verso chi aveva sostenuto il regime.
Le reazioni degli imputati
Göring accolse la condanna a morte con un sorriso sarcastico, convinto di poter controllare persino la sua uscita di scena.
Ribbentrop rimase immobile, pallido, come pietrificato.
Keitel portò la mano al petto in un gesto quasi militare, come a rendere onore a un esercito ormai dissolto.
Hans Frank abbassò lo sguardo, recitando preghiere.
Julius Streicher urlò frasi sconnesse, ultimo prigioniero del proprio fanatismo.
Speer, invece, ascoltò in silenzio: la sua ammissione di colpa gli aveva salvato la vita, ma non la coscienza.
L’eco nel mondo
La sentenza fece il giro del mondo in poche ore.
I giornali titolarono: “Giustizia è fatta a Norimberga.”
In Europa, i popoli che avevano subito l’occupazione accolsero il verdetto come una liberazione morale.
In Germania, invece, la reazione fu divisa: c’era chi parlava di vendetta e chi di giustizia necessaria.
Negli Stati Uniti e nel Regno Unito la stampa sottolineò la nascita di un diritto internazionale nuovo.
L’Unione Sovietica, pur criticando alcune assoluzioni, celebrò le condanne come prova della legittimità del processo.
Le esecuzioni
Il 16 ottobre 1946, nella prigione di Norimberga, furono eseguite le condanne a morte.
Göring, poche ore prima, si suicidò con una capsula di cianuro, beffando l’impiccagione.
Gli altri furono giustiziati all’alba.
I corpi vennero cremati e le ceneri sparse in un fiume, per evitare che nascessero luoghi di culto neonazisti.
Il significato storico
La sentenza di Norimberga non fu solo la fine di un processo.
Fu l’atto di nascita della giustizia internazionale.
Per la prima volta, i leader di una nazione venivano giudicati non come vincitori o vinti, ma come individui responsabili di crimini contro l’umanità.
“La responsabilità individuale davanti alla legge internazionale è ormai un principio riconosciuto,” scrissero i giudici nella motivazione.
Conclusione
Il 30 settembre 1946, nell’aula 600 di Norimberga, cadde l’ultima illusione del Reich.
Non più potere, non più divise, non più parate. Solo uomini, giudicati per ciò che avevano fatto.
La giustizia, nata tra le rovine di una città distrutta, aveva trovato la sua voce.
E il mondo, per la prima volta, aveva imparato ad ascoltarla.
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