
Un patto abitato
All’inizio dissero: «Restiamo per l’inverno». L’inverno si fece mestiere. Corde rifatte, chiodi battuti quando il mare è lontano, reti appese a bere sole corto. La lanterna, ogni sera, tornava al centro: non più per salpare, per custodire.
Vennero le stagioni. In primavera insegnarono ai bambini a leggere l’acqua dal colore. In estate tennero la passerella come si tiene una parola: senza farla cedere. In autunno misero mano alle travi stanche. In inverno ascoltarono il mare parlare in dialetto duro, e risposero con pazienza.
Il Viaggiatore non si svegliava più “in viaggio”: si svegliava in patto col mare. Il ragazzo prese il primo turno di notte sul trabocco—tre note lente, per dire “va tutto bene”. La donna, ogni mattina, lasciava un granello di terra tra le assi: non superstizione, abitudine di radici. Il vecchio pescatore contava dieci respiri quando il vento offriva scorciatoie. Il carpentiere segnava con la matita i punti da guardare a maggio, come si segnano i nomi da non perdere.
«E la rotta?» chiedevano.
«È qui» rispondevano.
«E la promessa?»
«Cammina ogni giorno, tra legno e sale.»
Non tornarono indietro. Rimasero nella terra trovata, che terra non era soltanto: era un ponte abitato. La sera, il mare faceva cenno di sì: aveva riconosciuto il loro modo nuovo di restare—con meno fretta, più memoria e la misura che non si vede ma regge tutto.
Se qualcuno domandava: «Che cosa avete portato a casa?», rispondevano senza alzare la voce:
«Una lanterna in circolo, una trave al suo posto, e il passo giusto per non smarrire la riva quando torna la notte.»
Fine. 👏
Indice finale (blog-ready)
- Introduzione – Il canto del ritorno
- Cap. 1 – La partenza
- Cap. 2 – Le prime isole del dubbio
- Cap. 3 – Le sirene della fretta
- Cap. 4 – La memoria come bussola
- Cap. 5 – Il peso delle promesse
- Cap. 6 – I custodi dei Trabocchi
- Cap. 7 – L’inganno della calma
- Cap. 8 – L’approdo
- Epilogo – Restare
