Capitolo 8 – L’approdo

Dove il legno tiene il mare e il mare tiene il legno

➤ L’alba non sorse: affiorò.
Come una luce dimenticata sotto l’acqua, che risale piano senza far rumore.
La foschia si slacciò in veli e, dietro, apparve una linea obliqua, chiara: una passerella di legno che dalla riva entrava nel respiro del mare.
Non più miraggio, non più promessa: si vedevano i chiodi, le corde pettinate dal vento, il ferro con la ruggine buona degli anni.

«È lui» disse il ragazzo.
Stavolta nessuno lo zittì.
Il vecchio pescatore fece un cenno piccolo, da ringraziamento senza parole.
Il Viaggiatore allentò appena il timone — non per stanchezza, ma per rispetto.

Accostarono al limite giusto, dove l’onda ancora accarezza e non urta.
Il carpentiere lanciò la cima con gesto netto; la donna legò al cavicchio il suo sacchetto di terra; il ragazzo trattenne il fiato come davanti a una porta che si apre dalla parte giusta.
Poi misero piede sulla passerella.
Il legno scricchiolò onesto, come fanno le cose che non promettono più di quello che possono.

Sul trabocco li attendevano quattro custodi:
due uomini con mani di vento, una donna dal sale in volto e un ragazzo dagli occhi lucidi di mare.
Nessuna medaglia, nessuna cerimonia: solo sguardi che avevano imparato la misura.

«Ben arrivati» disse il più anziano.
«Avete fatto bene a non correre. Qui la fretta spacca prima il legno e poi la memoria.»

Il Viaggiatore avrebbe potuto raccontare tutto — nebbia, sirene, tempeste silenziose — ma non servì.
I custodi sapevano già: il mare, da quelle parti, porta le notizie meglio dei messaggeri.


La donna versò due dita di terra tra le assi.
«Perché?» domandò la custode.
«Per insegnare al mare da dove veniamo.»
«Allora il mare vi riconoscerà» rispose, e sorrise come chi ritrova un parente.

Il trabocco respirava.
Gli argani fermi avevano un cigolio basso, le corde tese cantavano una nota lunga, la rete stillava gocce lente.
Non era barca né casa: era ponte.
Un modo umano di stringere la mano al mare senza pretendere di possederlo.

«Qui l’ospite entra con le mani prima che con le parole» disse il custode.
Il Viaggiatore posò il palmo su una traversa: calore di sole e sale vecchio.
Il carpentiere seguì i giunti, misurò le luci, contò i chiodi: non pignoleria, ma rispetto.
Il ragazzo prese il flauto, poi lo rimise.
«Suonerò dopo. Prima ascolto.»
Il vecchio pescatore si sporse oltre la passerella: la risacca entrava ed usciva con educazione, come chi bussa anche quando la porta è socchiusa.


«Oggi la rete scende» disse la custode.
«Non per spettacolo: per lavoro. Se volete, date mano.»

E loro si misero ai posti.
Il Viaggiatore all’argano, il ragazzo alla cima di guida, la donna ad allineare i piombi, il carpentiere al rullo; il vecchio a leggere vento e acqua.
La rete entrò senza teatro.
Nessuno contò a voce.
Qui la speranza non è quantità: è risposta.

Quando la tirarono su, l’acqua cadeva a fili sottili.
Tre pesci e una stella di mare.
La stella tornò giù, con un gesto che sapeva di rito.

«Non è bottino» disse il custode giovane.
«È conversazione. Oggi il mare ha parlato piano.»
Il ragazzo sorrise: «La stessa voce del vento quando smette di vantarsi.»
«Già» fece il custode. «Qui abbiamo imparato a non interromperlo


Il carpentiere si chinò su una traversa scheggiata.
«Questa ha preso mareggiata dritta» disse.
«Regge, ma chiede mano» aggiunse la custode.

Dalla barca portarono su il pezzo di legno che avevano salvato da un ponte vecchio: stagionato, fedele.
«Non è ricordo» disse il Viaggiatore. «È attrezzo. Se serve, è vostro.»
«Serve adesso» rispose il custode anziano, e negli occhi gli brillò un sì.

Lavorarono in silenzio operoso.
Il vecchio passava il ferro, il ragazzo teneva il listello, la donna reggeva il peso al millimetro, il carpentiere batteva colpi giusti, quelli che non umiliano il legno.
Il chiodo entrò come una decisione ben presa.
Il trabocco fece un suono breve, un assenso.
«Ora regge» disse il custode. «E reggiamo pure noi.»


La custode cercò in una cassetta una lanterna di vetro spesso, con un anello d’ottone segnato da molte dita.
«Portate questa» disse. «Non è un cimelio: usatela. Quando ripassate, rimetteteci la fiamma presa qui. Le cose che servono non si prestano: circolano

Il Viaggiatore la prese con la cura delle cose vive.
«La nostra sta al centro del ponte» rispose. «Questa terrà compagnia.»

Sedettero un po’, i piedi sospesi sull’acqua.
Pane, olio che sapeva di foglia e di sasso, il mare a due dita.
La donna versò due gocce tra le assi. «Per chi non c’è più.»
Il mare capì senza chiedere nomi.

«Che cos’è, per voi, un trabocco?» domandò il Viaggiatore.
Il custode ci pensò il tempo di una risacca.
«È un patto» disse.
«Il mare dice: “Io non entro in casa tua. Tu puoi entrare un poco in me, se sai stare in piedi.”»
«E quando non sappiamo stare in piedi?» chiese il ragazzo.
«Allora si impara il verbo che salva il legno e la gente: cedere. Il giusto. Né troppo, né mai.»


Il sole salì, le ombre divennero più corte.
I custodi ripresero i gesti di casa: corde rifatte, nodi rinnovati, piombi controllati.
L’equipaggio si mosse con loro, senza chiedere permessi: il lavoro chiama chi ha già capito il tono.

«In inverno il mare chiede mani» disse il custode più anziano.
La frase restò nell’aria, come una barca che non ha ancora scelto il suo posto.

Il Viaggiatore guardò la traversa nuova, la lanterna appena accesa, il volto del ragazzo, la donna che stringeva la sua terra, il vecchio felice di ascoltare il colore delle onde.
Capì che il loro viaggio non cercava più un altrove: chiedeva durata.

«La nostra rotta, per un po’, è qui» disse piano.
Il ragazzo posò il flauto sul parapetto. «Io resto a imparare i venti.»
La donna legò il sacchetto di terra più saldo. «Così la casa sa dove trovarci.»
Il carpentiere segnò tre punti da guardare prima delle mareggiate.
Il vecchio pescatore sorrise: gli occhi dei vecchi dicono grazie meglio delle parole.

La barca, alleggerita, scese di un passo nella risacca e restò ormeggiata all’ombra buona del trabocco.
La lanterna donata fu accesa con la fiamma dei custodi e appesa alla trave maestra: un piccolo faro domestico.

Il mare non fece promesse: fece posto.
E loro, piano piano, occuparono quel posto con il lavoro di tutti i giorni.

Quella sera, nel quaderno, il Viaggiatore scrisse:

Non siamo arrivati: siamo entrati.
La promessa non è un punto. È un mestiere.

Poi aggiunse un filo d’olio alla lanterna.
«Per stanotte» disse. «E per l’inverno che viene.»