⚖️ Referendum sulla giustizia: l’Italia ha bisogno di equilibrio, non di schieramenti

Un referendum che dovrebbe unire nel rispetto delle regole rischia di diventare l’ennesimo terreno di scontro politico. La magistratura resti garante, non parte in causa.

C’è un punto su cui dovremmo tutti fermarci a riflettere, prima ancora del merito del referendum: la fiducia.
La fiducia nella giustizia, nelle istituzioni, nella terzietà di chi è chiamato a giudicare.

In questi giorni si parla del referendum sulla riforma della giustizia, che prevede la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. Una proposta che divide il Paese, ma che dovrebbe essere discussa con rispetto, non con sospetti e slogan.
Il dibattito, invece, rischia di diventare l’ennesimo terreno di scontro politico, dove ognuno cerca di guadagnare qualche titolo in più sui giornali, dimenticando che in gioco non c’è un governo, ma la credibilità di un intero sistema.


Il rischio più grande

Il vero rischio, oggi, non è tanto il contenuto del referendum, ma il clima che lo circonda.
Se la magistratura dovesse apparire come un soggetto politico, schierato contro un governo o a fianco dell’opposizione, il prezzo da pagare sarebbe altissimo.
Non solo in termini di consenso — già oggi ai minimi storici — ma soprattutto di credibilità morale, quel bene prezioso che nessuna legge può restituire una volta perduto.

In una democrazia matura, la magistratura non ha bisogno di simpatizzanti o tifosi, ma di cittadini che la rispettino.
E il rispetto nasce dall’autorevolezza, non dall’appartenenza.
Quando un magistrato parla come un politico, o quando un’associazione di categoria si comporta come un partito, si rompe quel sottile filo di fiducia che tiene insieme la comunità civile.

La giustizia non può essere “di destra” o “di sinistra”.
Non può neanche essere “contro” o “a favore” di un governo.
Deve restare autonoma, ma non autoreferenziale; indipendente, ma consapevole che ogni suo gesto pesa sull’equilibrio democratico del Paese.


Un problema di fiducia

Gli italiani hanno già un rapporto fragile con la giustizia.
Tempi lunghi, sentenze altalenanti, inchieste che durano anni: la fiducia si è logorata.
Molti cittadini non credono più che “la legge sia uguale per tutti”, e questa percezione è di per sé una sconfitta collettiva.

Se a tutto ciò si aggiungesse la sensazione che una parte della magistratura si muova come attore politico, il danno sarebbe irreversibile.
Una giustizia percepita come “di parte” diventa automaticamente ingiusta, anche quando agisce nel pieno della legalità.
E non servirebbero referendum o riforme per correggere la rotta: basterebbe la sfiducia diffusa a rendere inefficace ogni principio di diritto.

Non si tratta di difendere il potere di qualcuno, ma di proteggere la dignità di un’istituzione che appartiene a tutti.
In un Paese dove la giustizia perde la propria neutralità, nessuno è più al sicuro — né i cittadini, né i magistrati stessi.


Un appello al buon senso

In un momento storico in cui l’Italia ha bisogno di coesione, equilibrio e serietà, la magistratura dovrebbe essere esempio di sobrietà e misura.
Chi indossa la toga non deve sentirsi chiamato a “fare opposizione”, ma a custodire un principio: che la legge è uguale per tutti, davvero.
E questo principio non ha bisogno di microfoni o conferenze stampa: basta la forza silenziosa di chi fa il proprio dovere, ogni giorno, senza cercare applausi.

Non è in gioco solo una riforma, ma il modo in cui intendiamo la convivenza democratica.
Una giustizia autorevole, capace di correggere se stessa senza farsi trascinare nella corrente politica, è un pilastro di civiltà.
Una giustizia schierata, invece, diventa un pericolo per tutti: perché trasforma il diritto in strumento di battaglia, e la verità in opinione.


Conclusione

Il referendum, qualunque sarà l’esito, rappresenta un’occasione per fermarsi a pensare.
Non per dividere, ma per ricucire.
Non per cercare colpevoli, ma per ricostruire un rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni.

Perché la giustizia, per funzionare, ha bisogno prima di tutto di fiducia.
E la fiducia nasce dal silenzio dell’imparzialità, non dal rumore degli schieramenti.

Il Sognatore lento