
Oggi percorrono quella stessa strada per andare a protestare contro il Ponte sullo Stretto.”
🛣️ “L’Autostrada del Sole e il ponte che non c’è – L’Italia, sempre in coda davanti al futuro.”
Quando fu costruita l’Autostrada del Sole, negli anni Cinquanta, molti gridarono allo scandalo.
“Un’opera che non serve!”, “Uno sperpero di soldi pubblici!”, “Un capriccio per pochi automobilisti borghesi!”.
Altri, più poetici, dissero che “gli italiani hanno fame, non gomme”.
Poi, però, arrivò la 600, e gli stessi che criticavano cominciarono a imbottigliare i bagagli sul portapacchi.
Perché in Italia funziona sempre così: prima l’indignazione, poi la coda ai caselli.
Quando il progresso sembrava una bestemmia
Nel 1956, il Parlamento discuteva animatamente su come finanziare quella “follia”.
L’onorevole Grezzi tuonava in Aula:
“Si è fatto un lavoro stradale di finanziamenti… e il 72,5% è andato a imprese del Nord!”
Fu una discussione seria, anche legittima. Ma molti confondevano il dibattito con la rassegnazione.
Il quotidiano L’Unità, all’inaugurazione del 4 ottobre 1964, titolò:
“Abbiamo l’autostrada del Sole, ma non sappiamo bene a che serve.”
In effetti non lo sapevano.
Poi arrivò il boom economico, e improvvisamente lo capirono tutti: serviva a muoversi, a commerciare, a crescere.
Ma il dubbio rimase, per principio. Perché l’italiano medio, davanti a ogni innovazione, ha una certezza granitica: se costa, dev’essere inutile.
Sessant’anni dopo: cambia l’opera, non la mentalità
Oggi la scena si ripete, uguale e prevedibile.
Si parla del Ponte sullo Stretto di Messina e le reazioni sembrano un copione riciclato:
“Non serve!”, “Meglio le scuole!”, “Sperpero di denaro!”.
Lo dicono tutti, anche quelli che non hanno mai preso un treno più lungo di una tratta regionale.
Il bello è che tutti citano la storia dell’Autostrada del Sole per dire: “vedi, poi si è rivelata utile!”.
Ma nessuno la usa come esempio.
È come leggere un manuale di sopravvivenza e continuare a toccare i fili scoperti.
Un Paese con la memoria lunga e la coerenza corta.
Visione vs sospetto
Nel 1964, mentre i tecnici brindavano all’inaugurazione, i moralisti di allora scuotevano la testa.
Oggi, con il Ponte, si ripete la stessa sinfonia:
i tecnici progettano, i politici litigano, gli opinionisti sospirano e il cittadino, nel dubbio, commenta su Facebook.
Eppure, le opere non sono mai solo cemento.
Sono scommesse: alcune vinte, altre perse.
Ma se il criterio resta quello del “non si può fare perché costa”, allora dovremmo chiudere pure il Colosseo — che ai tempi fu un bel salasso.
L’Italia che frena con il freno a mano tirato
Forse il vero ponte che manca non è tra Calabria e Sicilia, ma tra passato e futuro.
Tra la memoria di ciò che abbiamo costruito e la paura di farlo di nuovo.
Perché in fondo, l’Italia è un Paese che ama i cantieri… ma solo quando sono già finiti.
L’Autostrada del Sole unì un Paese intero e ci insegnò che il progresso non sempre piace, ma quasi sempre serve.
Il problema è che lo ricordiamo solo quando ci conviene.
E continuiamo, puntuali come un casello, a gridare “sperpero!” ogni volta che qualcuno prova a mettere un mattone.
Morale della favola:
Abbiamo imparato tutto dalla storia.
Tranne come usarla.
👉 Il Sognatore lento –