Oggi in Italia non è possibile insegnare educazione sessuale — forse un domani…..

La paura di chiamare le cose con il loro nome

In Italia, ogni volta che si parla di educazione sessuale, scatta una reazione di difesa.
C’è chi la confonde con la pornografia, chi la teme come una minaccia ai “valori tradizionali”, chi la liquida come una curiosità da adulti.
E così, nelle scuole, non se ne parla.
Non perché non serva, ma perché fa paura.

Il risultato è un silenzio educativo che pesa come un macigno: generazioni di ragazzi che crescono senza strumenti, bombardati da modelli distorti e incapaci di distinguere l’amore dal possesso, il desiderio dal dominio, la libertà dal caos.


Una materia che non ha maestri

La verità è semplice e amara: oggi in Italia non esistono insegnanti preparati per affrontare l’educazione sessuale e affettiva in modo strutturato.
Non c’è una classe di concorso, non esiste una formazione universitaria obbligatoria, né un programma nazionale che stabilisca cosa insegnare e come farlo.

Qualche scuola prova a introdurre moduli di educazione all’affettività, ma tutto resta affidato alla buona volontà dei docenti, ai progetti di qualche associazione o ai consultori locali.
Un’educazione “a macchia di leopardo” che non basta più.

Perché spiegare la sessualità non significa fare biologia:
significa parlare di emozioni, limiti, consenso, rispetto, identità.
E tutto questo richiede professionalità, sensibilità e formazione, non improvvisazione.


Un tema politico, non morale

Ogni volta che si prova a proporre una legge nazionale, parte la polemica.
Chi si oppone parla di “ideologia di genere”, chi si schiera a favore parla di “atto di civiltà”.
Nel mezzo restano i ragazzi — che intanto imparano da internet, dalla pornografia, dai social.
Cioè dai peggiori maestri possibili.

L’educazione sessuale non è un atto ideologico:
è una politica di prevenzione.
Serve a ridurre gli abusi, a insegnare il rispetto, a formare adulti consapevoli.
Non è un terreno di scontro, ma un investimento nel futuro.


Forse un domani

Oggi l’Italia non è pronta.
Non ha ancora gli strumenti, i docenti, né il coraggio culturale di affrontare il tema.
Ma potrebbe esserlo domani, se imparasse a distinguere la sessualità dalla pornografia, e l’educazione dalla morale.

Perché educare alla sessualità non significa “insegnare il sesso”:
significa insegnare a rispettare la vita — la propria e quella degli altri.


✍️ Il Sognatore Lento
Rubrica: Pensieri Scomposti


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