🥂 Articolo 2 – L’equilibrio tra struttura e intensità

Introduzione

Ogni abbinamento tra cibo e vino nasce da un equilibrio: un punto d’incontro tra due protagonisti che devono rispettarsi e completarsi.
Non è una sfida di forza, ma una danza di intensità.
Quando il piatto ha una struttura importante, serve un vino capace di sostenerla; quando invece la preparazione è delicata, occorre un vino che sappia accompagnarla senza sovrastarla.

La struttura e l’intensità sono le due colonne portanti di questo dialogo.
La prima si riferisce al corpo, alla materia, alla sensazione di pienezza che un alimento o un vino trasmettono in bocca.
La seconda riguarda l’espressività, la capacità di lasciare un’impronta aromatica, un ricordo duraturo.


Struttura: il peso del contenuto

Un piatto può essere leggero o strutturato a seconda degli ingredienti e delle tecniche di cottura.
Un filetto al pepe verde, per esempio, ha una struttura elevata grazie alla carne, ai grassi e alla salsa; una vellutata di verdure, invece, sarà leggera, quasi eterea.

Il vino deve rispondere con una struttura analoga:

  • ai piatti leggeri, si abbinano vini giovani, snelli, di media gradazione;
  • ai piatti strutturati, servono vini complessi, corposi, con un buon tenore alcolico e tannico.

Il corpo del vino, determinato da alcol, estratto secco e glicerina, deve “reggere” quello del cibo, altrimenti il vino sparisce o, al contrario, soffoca il piatto.


Intensità: la voce del sapore

L’intensità è la forza espressiva del gusto e del profumo.
Un vino può essere corposo ma poco intenso, o viceversa.
Un piatto può avere una struttura leggera ma un aroma deciso (pensa a una tartare di tonno con zenzero e agrumi).

Per creare armonia:

  • un piatto intenso richiede un vino aromatico o evoluto, con profumi persistenti;
  • un piatto delicato preferisce un vino fine e discreto, che non copra i suoi toni.

Il principio è sempre lo stesso: la bocca deve percepire un dialogo, non un monologo.


Esempi di abbinamento

  • Risotto allo zafferano → tendenza dolce e buona untuosità: si bilancia con un vino bianco secco, strutturato e minerale come un Verdicchio dei Castelli di Jesi o un Pecorino d’Abruzzo.
  • Brasato al Montepulciano → piatto succulento, strutturato, aromatico: richiede un rosso di grande corpo e tannino come un Montepulciano d’Abruzzo Riserva o un Barolo.
  • Filetto di orata al forno → struttura media e intensità delicata: perfetto con un Chardonnay o un Trebbiano d’Abruzzo Superiore.

Conclusione poetica

Ogni incontro tra cibo e vino è una questione di rispetto.
L’uno parla, l’altro ascolta.
E quando trovano la stessa intensità, lo stesso respiro, nasce l’armonia.
È in quel momento che la tavola diventa musica, e il gusto – una forma di equilibrio.

Il Sognatore Lento