☕ Risotto al Caffè – Il profumo che sveglia il piatto

….di Santino Strizzi

Ci sono ricette che non nascono in cucina, ma in un pensiero.
Un’idea che attraversa il naso, accende la memoria e poi scivola nel piatto.
Il Risotto al Caffè è così: un incontro tra il gesto lento della mantecatura e l’aroma deciso dell’espresso, quel profumo che tutti conosciamo e che, per un attimo, ci riporta a noi stessi.

È un risotto che non chiede rumore: vuole attenzione, vuole pazienza, vuole un sorriso mentre si mescola.

E quando lo servi, ti restituisce la stessa cura con cui l’hai preparato.


Ingredienti – Per 4 persone

  • 240 g di riso Carnaroli
  • 1 porro (parte bianca per la base; parte verde a fili sottili, da appassire)
  • 1 zucchina media (solo la parte bianca, tritata finemente)
  • 3 cucchiai di olio extravergine d’oliva
  • 2 espressi ristretti
  • 1 bicchierino di vodka
  • 1 cucchiaino di caffè macinato al momento
  • 30 g di burro
  • 50 g di Parmigiano Reggiano
  • Brodo vegetale leggerissimo

La ricetta è dello chef Santino Strizzi


Preparazione – Il viaggio del chicco

1. Il porro che sussurra

La parte bianca del porro si lascia andare dolcemente in una casseruola con

un filo d’olio.
La parte verde, tagliata a fili sottili, prende colore e morbidezza in una padellina unta appena: diventerà il tocco finale, elegante come un segnalibro infilato nel piatto.

2. Il verde che non parla, ma profuma

La zucchina, tritata finissima, si unisce al porro e rilascia l’acqua dolce della sua polpa.
È un soffritto diverso: più timido, più delicato, quasi poetico.

3. Il momento della verità: la tostatura

Il Carnaroli entra in scena e canta sotto il cucchiaio.
Va tostato bene, fino a quando i chicchi diventano lucidi come piccoli sassi bianchi.

4. La vodka che evapora, il caffè che rimane

Un colpo di vodka, veloce come una fiammata.
Poi l’espresso: ristretto, intenso, quasi a voler raccontare al riso da dove viene il suo aroma.

5. La parte lenta, quella che insegna a respirare

Il brodo vegetale, leggero come un pensiero buono, viene aggiunto un mestolo alla volta.
Qui la cucina si fa calma.
Si ascolta, si guarda, si attende.

6. Il gesto finale – la mantecatura

Fuoco spento.
Burro freddo.
Parmigiano che scende come una neve gentile.
Il risotto diventa crema, diventa velluto, diventa profumo.


Impiattare – Piccoli dettagli che cambiano tutto

Un soffio di caffè macinato al momento.
I fili di porro e zucchina che danzano sopra il piatto.
Un profumo che arriva prima ancora del cucchiaio.

È un risotto che non vuole stupire: vuole restare.
E, come tutte le cose fatte bene e con calma, ci riesce.

Analisi Sensoriale – Il Risotto al Caffè

Quando un chicco incontra un’aroma che sveglia il mondo

👁️ Vista – L’eleganza della sobrietà

Il piatto arriva come una pagina chiara su cui il caffè ha lasciato una firma.
Il colore è quello del riso mantecato: avorio caldo, lucido, vellutato.
Le striscioline di porro e zucchina decorano il piatto come piccoli segni di natura, sottili, verdi, appena dorati.
La polvere di caffè, scura e profonda, crea il contrasto che invita a rallentare lo sguardo.

È un risotto che non brilla per opulenza, ma per equilibrio visivo: sobrio, elegante, moderno.


👃 Olfatto – L’aroma che racconta un mattino

Al naso arriva prima il caffè, ma non a colpi: un soffio, un invito.
Poi il porro, dolce e vegetale.
La zucchina dona freschezza, quasi un’idea di giardino bagnato.
La mantecatura porta note lattiche, burrose, morbide.

L’insieme è un profumo che ricorda una cucina all’alba: pulita, silenziosa, carica di promesse.


👄 Gusto – Dove il chicco diventa parola

Tendenza dolce

Il riso, la zucchina e il porro portano naturalmente una tendenza dolce delicata, mai invadente.
Non è zucchero: è la dolcezza della materia prima, pulita e vegetale.
(ricorda: Il pomodoro non è dolce, qui la dolcezza è reale, naturale).

Sapidità

Moderata: il brodo è leggero, la mantecatura equilibra senza salare.
La sapidità è un sussurro, non un comando.

Untuosità

Presente ma non pesante, nel burro di mantecatura: dona morbidezza senza appesantire.

Succulenza

Media: il riso rilascia amido, il caffè porta profondità, il piatto resta cremoso ma non grasso.

Aromaticità

Alta.
Il caffè ristretto, macinato fresco, è il protagonista silenzioso:
aroma tostato, caldo, avvolgente, quasi balsamico.
La vodka, pur evaporata, lascia la sua scia fresca e pulita.

Persistenza aromatica

Notevole: il caffè resta sul palato come una frase breve ma incisiva.
Finisce morbido, con un accenno di tostato che invita a un altro assaggio.

Equilibrio

La magia del piatto è proprio qui:
la tendenza dolce e la cremosità del risotto incontrano la profondità amara del caffè.
È un incontro, non uno scontro.


🎼 Armonia finale – La musica che resta

Il Risotto al Caffè è un piatto che vive di contrasti gentili:
la dolcezza vegetale incontra l’aroma tostato,
la cremosità del burro si sposa con la freschezza della vodka,
il riso, come sempre, fa da direttore d’orchestra.

Ogni cucchiaio è un piccolo equilibrio.
Ogni aroma una nota.
Alla fine resta il profumo:
quello di un caffè che non si beve, ma si mangia.

🍷 Abbinamento Vino – Risotto al Caffè

Quando il sorso diventa una risposta gentile al chicco tostato

Il Risotto al Caffè è un piatto che non si limita a essere mangiato:
si ascolta.
È cremoso, elegante, aromatico, e vive in equilibrio tra due forze opposte:
la tendenza dolce del riso e delle verdure
e l’aromaticità intensa del caffè, profonda e persistente.

Accanto a queste, c’è l’untuosità della mantecatura, morbida ma precisa,
e una succulenza media che avvolge il palato senza appesantire.

Per questo, il vino deve svolgere due compiti insieme:

1️⃣ Bilanciare la morbidezza del piatto (contrapposizione)

Serve freschezza, serve tannino (se rosso), serve alcol che asciuga e pulisce.

2️⃣ Accompagnare la scia aromatica del caffè (concordanza)

Serve un vino che abbia voce, profumo, persistenza:
un vino che non si spaventi davanti all’aroma tostato.

Un vino soltanto “tecnico” non basta.
Qui serve un vino che abbia parola,
un vino che sappia raccontare,
che parli lo stesso linguaggio del piatto senza strafare.

Serve un vino che arrivi al bicchiere come una risposta gentile.

Il Bianco Perfetto: Gewürztraminer dell’Alto Adige

Se c’è un bianco capace di parlare la stessa lingua del caffè,
quel bianco è il Gewürztraminer.
Non perché sia semplicemente aromatico,
ma perché la sua aromaticità non è superficiale:
è profonda, calda, avvolgente.
Proprio come il profumo del chicco tostato.

Perché funziona (tecnicamente)

Il risotto presenta:

  • tendenza dolce naturale (riso, porro, zucchina)
  • untuosità della mantecatura
  • succulenza media
  • aromaticità intensa del caffè
  • persistenza lunga e precisa

Il Gewürztraminer è uno dei pochi bianchi capaci di reggere tutto questo:

Aromaticità alta
 Si armonizza con il caffè per concordanza, senza scontrarsi.

Struttura importante
 Il corpo del vino sostiene la cremosità del piatto.

Alcolicità marcata
 L’alcol bilancia untuosità e succulenza, pulendo il palato.

Morbidezza naturale
 Perfetta sulla tendenza dolce del riso.

Persistenza lunga
 Dialoga con la scia calda e tostata del caffè.

È un bianco che non svanisce dietro al piatto,
anzi: lo accompagna con rispetto.


🌙 Nota poetica – Il bianco che entra in punta di piedi

Il Gewürztraminer si avvicina come un profumo che arriva da lontano:
prima timido, poi avvolgente, come una stanza che si scalda piano.

Il caffè gli porge la sua nota più profonda,
e il vino risponde con fiori, spezie, frutta matura.
Non lo sfida, non lo copre,
ma gli cammina accanto come un ospite educato.

È un bianco che porta luce dove il caffè porta ombra,
e in questo gioco di chiaroscuri nasce l’equilibrio più bello.
Un sorso che abbraccia, un aroma che resta.

🔴 Il Rosso Perfetto: Pinot Nero dell’Alto Adige…..per chi non ama il bianco

Se il Gewürztraminer accompagna il risotto come una carezza profumata,


il Pinot Nero dell’Alto Adige lo accompagna come un passo silenzioso nel bosco.
È un rosso che non alza mai la voce,
che non invade, che non impone:
sa essere elegante, e questa è la sua forza.

Perché funziona (tecnicamente)

Il risotto al caffè richiede freschezza, equilibrio, finezza.
Un rosso troppo tannico lo sovrasterebbe;
uno troppo leggero si perderebbe.

Il Pinot Nero, invece, è la misura perfetta:

Tannino gentile
 Bilancia l’untuosità della mantecatura senza aggredire.

Acidità elegante
 Rinfresca il palato e contrasta la tendenza dolce del riso.

Profilo aromatico fine
 Frutti rossi, sottobosco, spezie leggere → perfetto accento per il caffè.

Corpo medio
 Sostiene il piatto senza sovrastarlo.

Persistenza pulita
 Allunga la scia aromatica del caffè senza coprirla.

È un rosso che dialoga, non che domina.
Sa stare un passo indietro quando serve,
un passo avanti quando il caffè chiama.


🌙 Nota poetica – Il compagno silenzioso

Il Pinot Nero si avvicina al risotto come un ospite discreto:
entra piano, sfiora il bordo del piatto e ascolta.

Dove il caffè è profondo,
il vino porta luce.

Dove il burro rende morbido,
il vino porta freschezza.

Dove il riso avvolge,
lui danza leggero con frutti rossi e foglie umide di bosco.

Non è un rosso che cerca applausi:
è un rosso che cerca equilibrio.
E quando lo trova,
regala un sorso che rimane nella memoria come una frase ben detta.

Il Sognatore lento


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