
Negli ultimi giorni è circolata la notizia — ancora tutta da verificare nelle sue esatte parole — che Bruno Vespa avrebbe messo in dubbio il diritto degli italiani di tifare per Jannik Sinner, richiamando temi come la lingua madre, la residenza a Montecarlo e la partecipazione alla nazionale.
Se così fosse, saremmo davanti a una caduta di stile che non rende giustizia né allo sport né alla verità dei fatti.
Perché? Perché Jannik Sinner è quanto di meglio lo sport italiano abbia espresso negli ultimi anni.
E non solo per il livello del suo tennis.
Sinner è un ragazzo educato, rispettoso, equilibrato.
In un mondo dove la fama divora identità, caratteri, umiltà e spesso anche il buon senso, lui è rimasto esattamente ciò che era all’inizio:
un lavoratore silenzioso, un atleta esemplare, una persona pulita.
Con la notorietà potrebbe permettersi atteggiamenti ben diversi — eppure non lo fa.
Nessuna provocazione, nessuna ostentazione, nessuna “sceneggiata” da campione strapagato.
Solo impegno, sobrietà, rispetto per avversari e pubblico. Una rarità.
Una ricchezza.
Il tema Montecarlo: una falsa questione
Se la residenza nel Principato è un problema, allora bisognerebbe porre la stessa domanda a:
- decine di tennisti europei,
- molti dei nostri piloti di MotoGP e Formula 1,
- atleti, sportivi, professionisti che per motivi fiscali, logistici o di allenamento vivono altrove.
È un tema vecchio, e soprattutto non riguarda l’identità, ma l’organizzazione professionale di carriere globali.
Non c’è nulla di “meno italiano” in questo.
La nazionalità: l’Italia che seleziona chi è “italiano abbastanza”
Se poi il punto fosse la “italianità”, allora saremmo di fronte a una contraddizione grande come una montagna.
Per decenni abbiamo osannato campioni:
- arroganti,
- presuntuosi,
- totalmente slegati dalla cultura italiana,
- o nati e cresciuti altrove,
che dell’Italia avevano solo la bandiera sulla maglia.
E nessuno si è mai sognato di dire che non meritavano il tifo.
Jannik Sinner invece è italiano.
Italiano come Carolina Kostner.
Italiano come Gustav Thöni.
Italiano come la sua terra silenziosa, operosa, abituata più ai fatti che alle chiacchiere.
La sua lingua madre non è un parametro.
La sua educazione sì.
Il suo talento sì.
Il suo comportamento sì.
Il suo modo di rappresentare l’Italia sì.
Il vero paradosso
Lo sport dovrebbe unire.
Dovrebbe essere la casa dove un paese si riconosce in chi lo rappresenta.
E in un momento in cui l’Italia ha finalmente un talento mondiale, equilibrato e di esempio, discutere se “meriti” il tifo è quasi grottesco.
Se Vespa ha davvero pronunciato quelle parole, la caduta di stile non è di Sinner —
è di chi, ancora una volta, confonde identità con semplificazioni e categorie vecchie.
La verità è semplice
Si tifa Sinner perché è forte.
Si tifa Sinner perché è serio.
Si tifa Sinner perché è pulito.
Si tifa Sinner perché rappresenta un’Italia migliore.
Si tifa Sinner perché è italiano nel modo più bello e più difficile:
senza urlare, senza vantarsi, senza inventarsi nulla.
Con il lavoro.
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