




Fossacesia, Santa Maria Imbaro, Mozzagrogna e Rocca San Giovanni: quattro borghi, una sola comunità possibile. Numeri, storia e valori per capire se l’unione può diventare realtà entro il 2030.
Premessa
👉 Se l’unione nasce dai cittadini, diventa futuro. Se arriva dall’alto, resta solo carta.
È da qui che bisogna partire. Ogni progetto di fusione tra comuni rischia di ridursi a numeri, risparmi e calcoli burocratici. Ma i conti, da soli, non bastano.
Unire Fossacesia, Santa Maria Imbaro, Mozzagrogna e Rocca San Giovanni ha senso solo se la spinta arriva dal basso: dai cittadini, dalle famiglie, dalle associazioni, da chi ogni giorno tiene viva la comunità.
Perché un’unione non è un atto amministrativo: è un patto sociale. Non si tratta di cancellare i campanili, ma di farli suonare insieme.
Una cornice storica
La frammentazione amministrativa italiana nasce nell’Ottocento, dopo l’Unità. I comuni furono pensati come cellule vicine ai cittadini, ma col tempo molti sono rimasti troppo piccoli per reggere i servizi moderni.
Così anche qui: Fossacesia, Santa Maria Imbaro, Mozzagrogna e Rocca San Giovanni sono realtà autonome, con origini medievali e radici profonde, ma da sempre legate. Condividono storia, dialetti simili, reti familiari intrecciate.
Già nel dopoguerra hanno collaborato: scuole, cooperative agricole, squadre sportive e parrocchie hanno unito i ragazzi ben prima delle carte bollate. Negli anni ’80 e ’90 si parlava di consorzi per i servizi; oggi i progetti turistici e ambientali li vedono di nuovo fianco a fianco.
Insomma, la comunità ha sempre superato i confini amministrativi. Le carte dicono “quattro comuni”, ma la vita quotidiana racconta una storia diversa: un solo territorio, con quattro nomi.
Un territorio già unito nei fatti
Chi vive qui lo sa: i confini amministrativi sono linee invisibili. I ragazzi frequentano scuole fuori dal proprio comune, le famiglie si muovono tra i paesi per lavoro, spesa, eventi.
E i turisti? Loro percorrono la Costa dei Trabocchi, visitano l’abbazia o le cantine senza badare ai cartelli stradali. Per loro il territorio è già uno.
La comunità, nei fatti, è già unita. Si tratta solo di riconoscerlo anche sul piano istituzionale.
Dal basso, con regole chiare
Un progetto di fusione può funzionare solo con un percorso partecipato e trasparente:
- Assemblee pubbliche in ogni paese, per spiegare benefici e rischi.
- Carta dell’Unione, che garantisca a ciascun ex comune servizi, spazi e funzioni dedicate.
- Referendum consultivo, perché siano i cittadini, e non i soli consigli comunali, a scegliere.
Solo così l’unione diventa patrimonio di tutti, non vittoria di pochi.
La visione per il 2030
Un nuovo Comune può diventare un laboratorio di futuro:
- Municipio policentrico: sede centrale, ma sportelli digitali e uffici in ogni paese.
- Consigli di frazione con budget dedicati.
- Energia verde e comunità energetiche, per abbattere le bollette.
- Turismo integrato: trabocchi, vino e borghi sotto un unico brand.
- Spazi per i giovani: coworking, campus tecnologici, musei diffusi.
Non la cancellazione delle differenze, ma la loro valorizzazione dentro un’identità comune.
I numeri: abitanti e risparmi
Oggi i quattro comuni contano in totale poco meno di 13.000 abitanti:
- Fossacesia → circa 6.500
- Santa Maria Imbaro → circa 2.000
- Mozzagrogna → circa 2.400
- Rocca San Giovanni → circa 2.300
Uniti, diventerebbero un centro medio-piccolo con più forza politica, maggiore capacità di attrarre fondi e un peso diverso nei tavoli regionali e nazionali.
Esempi concreti di risparmio
- Sindaci e giunte
- Oggi: 4 sindaci, 16 assessori, 4 segretari comunali.
- Domani: 1 sindaco, 6–8 assessori, 1 segretario.
👉 Risparmio stimato: circa 200.000 € l’anno.
- Uffici duplicati
- 4 uffici anagrafe, 4 uffici tecnici, 4 ragionerie.
- Con l’unione, parte del personale si concentra su sportelli digitali e servizi condivisi.
👉 Risparmio stimato: 50–80.000 € l’anno.
- Servizi esterni (nettezza urbana, verde, illuminazione)
- Oggi ogni comune contratta singolarmente.
- Domani, con gare uniche, più potere contrattuale.
👉 Risparmio stimato: 70–100.000 € l’anno.
- Sedi comunali
- Oggi 4 municipi con riscaldamento, elettricità, pulizie.
- Domani sedi decentrate, ma senza i costi di 4 centri pieni.
👉 Risparmio stimato: 40–50.000 € l’anno.
💶 Totale: 200–350.000 € l’anno.
Non cambiano il mondo, ma alleggeriscono i bilanci.
Gli incentivi: l’occasione vera
Il vero salto lo danno gli incentivi statali: oltre 1 milione di euro all’anno per dieci anni, cioè più di 12 milioni complessivi.
Risorse da reinvestire in:
- scuole e mense,
- manutenzione strade,
- impianti sportivi,
- turismo e promozione,
- cultura e giovani.
Un’occasione irripetibile, che quattro comuni separati non avranno mai.
Un quadro valoriale
Oltre i numeri, c’è un valore più profondo: l’idea che insieme si è più forti.
Un’unione non significa cancellare le radici, ma renderle più solide.
- Per gli anziani: garanzia che i servizi essenziali non chiuderanno.
- Per i giovani: opportunità in più per restare, non per partire.
- Per le famiglie: scuole e sport integrati, senza duplicazioni inutili.
- Per i turisti: un territorio che parla con una sola voce, più forte e riconoscibile.
Fossacesia con il mare, Rocca con il borgo, Santa Maria Imbaro col cuore produttivo, Mozzagrogna con le colline e il vino: non più rivali silenziosi, ma ambasciatori di un’unica comunità.
Conclusione
Unire Fossacesia, Santa Maria Imbaro, Mozzagrogna e Rocca San Giovanni non è un obbligo, ma una scelta. E deve essere la gente, non i palazzi, a scrivere questa pagina di futuro.
Solo così, già nel 2030, potremo parlare di un Comune che non nasce per spegnere i campanili, ma per accendere insieme una luce più grande.
Alla fine, però, resta una domanda:
👉 questo progetto è solo un sogno irrealizzabile, o c’è davvero qualcosa di concreto da cui partire?
La risposta, forse, è già dentro le nostre comunità.
💬 Voi cosa ne pensate?
✍️ Il Sognatore Lento