Più libri, più liberi… ma solo i libri che piacciono a noi

Ah, la democrazia!
Quella cosa bellissima in cui siamo tutti liberi di dire la nostra…
finché la nostra coincide con quella degli altri.

Benvenuti a Più libri più liberi, la fiera del libro indipendente, dove però conviene che l’indipendenza sia approvata in anticipo da chi possiede la patente del “pensiero giusto”.
È come la libertà di parcheggio: sì, sei libero… ma solo in divieto di sosta.


🎭 La scena del delitto

Arriva un editore scomodo alla fiera.
Apriti cielo!

  • Gli autori famosi minacciano di andarsene
  • Il Comune di Roma dice: «Noi non inaugur— ops, ci è scappato un impegno improvviso!»
  • I social si trasformano in Corte Suprema dell’Emoji

Nel frattempo, la Costituzione osserva, paziente, sorseggiando un bicchiere di vino:
«Scusate, ma non ero io quella nata per garantire tutti?».


👩‍⚖️ Il tribunale del pollice in su

«Questi libri sono pericolosi! Vanno censurati!» gridano.

Domanda ingenua:
Se sono davvero pericolosi, perché non è un giudice a dirlo?

Risposta:
perché la magistratura ha le sue procedure,
mentre su Instagram si fa tutto più in fretta.

E poi vuoi mettere?

  • La legge è lenta
  • La rabbia è comoda
  • La libertà… beh, quella è negoziabile

🎩 I “radical chic” (o “dadical schic”, più eleganti)

Ed eccoli, splendenti nelle loro certezze etiche:
i paladini dell’antifascismo… purché sia senza complicazioni.

Li riconosci subito:

  • Mangiano quinoa, ma censurano come ai tempi del MinCulPop
  • Predicano inclusione, ma solo per gli inclusi giusti
  • Si indignano a rotazione, come una lavatrice del progressismo automatico

Perché quando la morale diventa moda,
l’etica finisce appesa in boutique… in saldo.


📢 Le libertà a punti (come la patente)

Oggi vietiamo i libri che non ci piacciono a noi.
Domani qualcuno vieterà i tuoi,
perché la censura ha un’ottima memoria vendicativa.

Le forbici del divieto tagliano benissimo in entrambe le direzioni,
soprattutto quando cambiano mano.


📌 Conclusione ironicamente serissima

In uno Stato democratico:

  • non è un fumettista che decide quali libri possono esistere
  • non è un’amministrazione comunale a stabilire chi ha diritto alla parola

👉 Se un editore viola la legge, interviene la magistratura.
👉 Se non la viola, interviene la maturità di ognuno di noi:
lo si può ignorare, criticare, ridicolizzare.

Perché la satira fa più male dell’Indice dei Libri Proibiti.
E alla fine…
i “dadical schic” si riconoscono sempre: vestono benissimo, ma la coerenza preferiscono non indossarla.