📖 Capitolo 14 – Il poeta dell’aria: quando il coraggio prende le ali

«Campo d’aviazione di Taliedo, 1915 — D’Annunzio comincia a volare.»
In Il Vate e la sua terra

La terra del Carso gli aveva stretto i piedi. Ora, il cielo gli allarga il destino.

Dopo settimane nelle trincee sull’Isonzo,
Gabriele D’Annunzio sa che la sua guerra deve cambiare forma.
Ha visto da vicino il coraggio dei soldati,
ha sentito la morte sfiorarlo come un alito gelido sulla guancia,
ha parlato al cuore di centinaia di giovani.

Adesso vuole guardare tutto dall’alto,
dove l’aria è così sottile da sembrare assoluta libertà.


Il primo incontro con l’aviazione

«Trieste nostra» — Il volo della parola che sfida i cannoni
D’Annunzio sorvola la città con un carico di volantini: non bombe, ma un messaggio di identità e speranza. L’aereo diventa voce della patria negata.

Gli aeroplani italiani non portano promesse,
ma fragilità: telai di legno rivestiti di tela,
motori che tossiscono, ruote che tremano.
Chi sale su quegli alveari di lamiera
rischia più del fante: un guasto, una raffica, un colpo di vento
e il cielo si chiude come una bara.

Ma proprio per questo, D’Annunzio li ama.
Nel rischio vede un invito: superare l’uomo, elevarlo.
Sulla pista di Taliedo li osserva come creazioni disperate,
destinate all’impossibile:

«Voi siete gli occhi d’Italia.
Dal vostro sguardo nascerà il futuro.»

Non sa pilotare.
Ma pretende di salire a bordo.
E lo fa insieme a pionieri come Tonizzo e Ancillotto — uomini che sfidano il vuoto come in un inno.


Il volo su Trieste (autunno 1915)

Primo gesto simbolico e storico

Trieste è italiana nel cuore, ma prigioniera dell’Austria.
D’Annunzio vuole gridarle che la patria non l’ha dimenticata.

Si infila nella carlinga di un biplano,
stringe a sé volantini piegati con cura:
non bombe, ma parole.

L’aereo decolla nella foschia del mattino.
Il poeta chiude gli occhi un attimo,
respira — e per la prima volta sente che tutto ha un senso.

Sopra la città, le casse dei volantini si spalancano.
Centinaia di messaggi cadono come neve improvvisa.

Taliedo — Dove la poesia impara a combattere
Tra motori fragili e uomini audaci, il poeta si fa aviatore: il cielo come nuovo campo di battaglia, il rischio come unica verità.

Frasi semplici, taglienti:

«Viva l’Italia!
Trieste nostra!»

La gente alza gli occhi al cielo,
i soldati austro-ungarici sparano invano,
l’aereo scompare fra le nubi come messaggero di un dio distante.

Quel gesto — simbolico, audace —
risuona come un grido nella tempesta:
l’Italia non dimentica i suoi confini negati.


Il volo che brucia la paura

Da allora D’Annunzio vola di giorno e di notte,
sorvola il Carso, scruta, osserva, incita.
Il ronzio del motore gli entra nel sangue;
la guerra vista dall’alto ha un suono diverso:
non il fragore dei cannoni,
ma la vibrazione sottile della vita e del pericolo.

«In alto, la guerra è pura:
si combatte con la luce.»

Gli aviatori imparano a conoscerlo —
lo amano, lo temono, lo seguono.
Perché lui sa dire ciò che nessuno osa:

«Voliamo perché la terra è troppo stretta
per chi vuole essere eterno.»

Il cielo lo premia:
ogni missione compiuta è promessa mantenuta alla patria,
passo dopo passo verso l’immortalità.


Il poeta diventa arma

Ma D’Annunzio non trasporta solo uomini e bombe.
Trasporta idee.
Vuole colpire l’avversario non solo nel corpo,
ma nello spirito.

La sua arma non è più la penna,
ma la sfida — la bellezza della sfida.
Progetta operazioni mai tentate:
lanciare volantini su Vienna,
accendere il cielo con bengala,
fare della guerra un atto teatrale
capace di spezzare il morale prima ancora del corpo.

Nessuno ci ha mai pensato.
Lui sì.


Il cielo come patria

D’Annunzio studia il vento, le nuvole, la luna.
Ogni volo è un documento militare,
ma anche un’opera d’arte.
Il poeta sente di essere finalmente
nel luogo che cercava da una vita:
tra pericolo e visione,
tra la morte possibile e la bellezza assoluta.

La patria per lui non è più solo terra da difendere.
È un sogno da inseguire.
E nel sogno, chi vola
non cade mai davvero.

La leggenda del Vate combattente si è fatta ala.
La guerra cambia forma,
e lui con essa.

Ma il cielo —
che dona libertà infinita —
può chiedere un prezzo terribile.

La raffica nemica è in agguato.
Presto,
il volto che guardava il mondo dall’alto
sarà colpito.
E quella ferita cambierà per sempre
il corpo e la vista del poeta.
Eppure, anche allora,
nel dolore,
troverà una frase, un motivo,
una nuova sfida da vincere …
volando.


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