📺 Quando arrivava Sanremo (e un televisore bastava per un paese intero)

✍️ Storie di Montenerodomo nel dopoguerra

A Montenerodomo, negli anni ’50 e ’60, la modernità non arrivava in automobile.
Arrivava in bianco e nero, dentro una scatola che pochi potevano permettersi: la televisione.

Chi ce l’aveva la teneva in salotto come un tesoro, con il centrino ricamato sopra e la foto della comunione posata in bella vista, quasi a dire:
la tecnologia entra in casa, ma prima si presenta alla famiglia.

Quando iniziava il Festival di Sanremo, l’intero paese si metteva in movimento.

Già dal pomeriggio le donne si affacciavano sulle porte:
Hai sentito? Stasera canta Modugno.
Pare che quella nuova, la Cinquetti, abbia una voce…

Gli uomini arrivavano solo più tardi, dopo aver sistemato le bestie e chiuso la stalla.
Una passata di mano sulla giacca, un “mo’ sì” per dire posso andare… e su per le strade a raggiungere chi aveva quella finestra che dava sul mondo.
A volte era il bar.
Altre la casa del dottore.
Altre ancora il salone “buono” di una famiglia tornata dal Nord con la grande novità.

Si portavano le sedie da casa, una a testa.
I bambini davanti, seduti per terra.
Chi arrivava tardi, in piedi, appoggiato agli stipiti.

Uno sfrigolio, una luce tremolante…
ed ecco Sanremo a Montenerodomo.

L’orchestra brillava come una città mai vista.
Le voci dei cantanti attraversavano chilometri di monti e arrivavano dritte ai cuori.
E quando partiva una canzone subito orecchiabile — Volare, Quando, quando, quando, Non ho l’età — qualcuno commentava sottovoce:

🎶 «Canzoni p’ lu pllastrar» – Montenerodomo, anni ’60
Quando la musica di Sanremo arrivava in paese non dalla TV… ma da una radio in bicicletta.
✍️ Il Sognatore Lento

«Questa è na canzone p’ lu pllastrar.»

Le canzoni p’ lu pllastrar erano quelle che, il giorno dopo,
il venditore ambulante di polli avrebbe diffuso per tutto il paese con la radio a tutto volume,
mentre gridava:
«Polli! Polli freschi!»

Così anche chi non aveva visto Sanremo
finiva per imparare i ritornelli senza volerlo.

Le donne guardavano gli abiti delle cantanti e sognavano una festa più grande della festa del paese.
Gli uomini scuotevano la testa, ma il mattino dopo fischiettavano lo stesso motivo in piazza.
I bambini memorizzavano tutto, senza capire ancora quanto fosse speciale quella magia collettiva.

E quando la notte si faceva lunga…
qualche bambino crollava addormentato sotto il tavolo, tra le gambe degli adulti e l’odore di legna e bucce di noci.

A volte una mamma usciva presa dalla confusione e dalla fretta,
ma pochi minuti dopo la padrona di casa si affacciava sulla porta:
«Ohé, ti sei dimenticata il bambino!»

E allora si tornava indietro di corsa, ridendo sottovoce,
mentre il piccolo veniva raccolto in braccio senza nemmeno svegliarsi.

Quella era Montenerodomo.
Un paese piccolissimo, ma quando c’era Sanremo…
si sentiva grande come tutto il mondo.


📌 Nota sul dialetto

lu pllastrar = venditore ambulante di polli che girava per il paese con una radio ad alto volume.
Le “canzoni p’ lu pllastrar” erano le più orecchiabili:
quelle che diventavano di tutti.



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