
Un riconoscimento mondiale che protegge le nostre radici — dall’Abruzzo al resto del Paese
Domani, a New Delhi, l’UNESCO è chiamata a decidere se riconoscere la cucina italiana come Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità. L’esito è atteso durante i lavori del Comitato intergovernativo in corso dall’8 al 13 dicembre 2025 in India.
Per l’Italia sarebbe un risultato storico: un primato mondiale, perché nessun Paese ha mai ottenuto un riconoscimento per l’intero sistema culinario nazionale.
Perché questo riconoscimento conta davvero
La candidatura non celebra soltanto i piatti più famosi — pasta, pizza, tiramisù — ma un patrimonio vivente, fatto di rituali, convivialità, identità e tradizioni regionali tramandate di generazione in generazione.
Significa dire al mondo che:
In Italia cucinare non è solo nutrirsi: è cultura, memoria, comunità.
La proposta italiana evidenzia inoltre il ruolo della biodiversità agricola, dei prodotti locali e dell’artigianalità del cibo, elementi fondamentali della nostra cucina.
Economia, turismo e tutela del Made in Italy
Il riconoscimento UNESCO potrebbe rafforzare:
- la protezione contro le imitazioni e il falso Made in Italy
- il ruolo delle piccole produzioni locali
- il turismo enogastronomico, con un potenziale aumento significativo nei due anni successivi alla decisione
In pratica: più valore ai territori, anche a quelli meno conosciuti ma ricchissimi di tradizioni.
L’Abruzzo nel cuore di questa storia
Dentro questo patrimonio c’è anche la forza delle regioni che non hanno bisogno di gridare per farsi ascoltare. L’Abruzzo — terra di pastori, contadini e cuoche custodi della memoria — porta all’UNESCO un tesoro di sapori e di gesti antichi:
- Le Virtù teramane: un rito del 1° maggio, esempio perfetto di cucina “circolare”, sostenibile
- La pasta alla chitarra: strumento, suono, tradizione che diventa pasta
- L’agnello e i formaggi di montagna: identità pastorale e transumanza
- Lo “strozzaprete” di Villa Santa Maria e l’arte dei cuochi — che da secoli fanno del nostro Abruzzo una scuola di cucina a cielo aperto
- La Ventricina del Vastese: speziata, fiera, profondamente territoriale
- Zafferano dell’Aquila: oro rosso che profuma il mondo
E poi i borghi dell’entroterra — Montenerodomo, Atessa, Palena, Gessopalena, Torricella, Villa Santa Maria — dove la cucina è ancora un atto comunitario, un modo di riconoscersi e di sentirsi parte di qualcosa.
Se domani l’UNESCO dirà “sì”, quel sì varrà anche per le mani che impastano il pane a 1200 metri, per chi custodisce semi e sapori antichi, per chi continua a preparare le ricette della nonna senza bisogno di misurarle su una bilancia.
Una vittoria che guarda al futuro
Questo riconoscimento non serve a mettere una medaglia sul petto, ma a proteggere ciò che rischia di perdersi:
- la cucina di casa
- i pranzi della domenica
- le feste di paese
- la capacità di stare insieme attorno a una tavola
Perché si può evolvere senza rinunciare alle radici.
In fondo, cosa festeggiamo?
Festeggiamo un principio semplice e potente:
Quando si difende una ricetta, si protegge una storia.
Quando si custodisce un ingrediente, si protegge un territorio.
Quando si apparecchia una tavola, si protegge una comunità.
Domani non sarà solo la vittoria di chef e ristoranti,
ma di famiglie, nonne, contadini, pastori e piccoli paesi.
L’Italia intera, Abruzzo compreso, seduta alla stessa tavola.
E il mondo — finalmente — a riconoscerlo.
Lascia un commento