Una fotografia che racconta un tempo in cui la responsabilità veniva prima dei regolamenti.


C’è una scena che oggi farebbe discutere più di una riforma.
Non per quello che infrange,
ma per quello che mette in discussione.
Una madre, quattro bambini, un asino.
Una strada sterrata.
Nessun dispositivo di sicurezza.
Nessun manuale operativo.
Eppure, tutto sta in equilibrio.
Prima delle regole
In quell’immagine non c’è l’assenza di responsabilità.
C’è, semmai, la sua forma più semplice e diretta.
La madre sa cosa sta facendo.
I bambini sanno dove sono.
L’animale conosce il passo.
Non esistono scorciatoie,
non esistono alternative,
non esistono deleghe.
Si va avanti perché si deve andare avanti.
Oggi sarebbe impossibile
Oggi una scena così verrebbe immediatamente bloccata.
Non tanto per il pericolo reale,
quanto per l’impossibilità di classificarla.
Non è a norma.
Non rientra in nessun protocollo.
Non può essere autorizzata.
E così diventa automaticamente sbagliata.
Quando la responsabilità era personale
Quel mondo non era migliore.
Era più duro.
Più faticoso.
Più esposto.
Ma la responsabilità non era astratta.
Non era scritta in un regolamento.
Era sulle spalle di chi decideva.
Se qualcosa andava storto,
non si cercava il modulo mancante.
Si guardava negli occhi chi aveva scelto.
Regole e senso
Le regole servono.
Proteggono, tutelano, prevengono.
Ma quando diventano l’unico metro di giudizio,
rischiano di sostituire ciò che non possono creare:
il senso.
Quella fotografia non chiede nostalgia.
Chiede memoria.
Ricorda che prima delle norme
c’erano persone capaci di reggere il peso delle proprie scelte.
E che il vero progresso non è aggiungere regole,
ma non perdere quella capacità.
Alle nuove generazioni non chiedo di tornare indietro.
Chiedo solo di ricordare che ogni diritto funziona se qualcuno è disposto a portarne il peso.

Lascia un commento