Chi sa, fa, chi non sa, insegna.

Chi non sa e non fa, fa il dirigente scolastico.

Quando la scuola viene amministrata da chi non ha mai diretto nulla


Premessa

Un tempo esisteva una sequenza quasi naturale:
chi sapeva faceva,
chi aveva esperienza insegnava,
chi non sapeva ancora… imparava.

Oggi quella catena si è spezzata.

Al suo posto si è affermata una figura che incarna perfettamente il paradosso del nostro tempo:
il dirigente scolastico che non sa fare, non sa insegnare, e spesso non sa nemmeno dirigere, ma governa una comunità educativa complessa come se fosse un ufficio qualunque.

Non è una critica personale.
È un problema di sistema.


Dirigere una scuola non è insegnare

(e non è nemmeno fare burocrazia)

Qui sta il primo equivoco mai chiarito davvero.

Essere un buon insegnante non significa essere automaticamente un buon dirigente.
E, ancora di più, non significa saper gestire un’organizzazione.

Dirigere una scuola vuol dire:

  • guidare decine o centinaia di persone
  • affrontare conflitti quotidiani
  • prendere decisioni impopolari
  • assumersi responsabilità reali
  • gestire risorse, tempi, emergenze
  • tenere insieme studenti, famiglie, docenti, personale, istituzioni

Questo non è insegnamento.
Questo è management.

E il management non si improvvisa.


L’esperienza che manca: quella manageriale

Molti dirigenti scolastici arrivano al ruolo senza aver mai:

  • coordinato un team vero
  • gestito una crisi organizzativa
  • risposto di un risultato
  • guidato persone in situazioni difficili
  • preso decisioni con conseguenze concrete

Conoscono le norme.
Non le dinamiche umane.

Conoscono gli acronimi.
Non i conflitti.

Conoscono le procedure.
Non le persone.

E quando manca l’esperienza manageriale, accade sempre la stessa cosa:
si governa a distanza,
si moltiplicano le circolari,
si scaricano le responsabilità,
si confonde il controllo con la leadership.


Il concorso a crocette: quando la guida diventa un quiz

Il punto più delicato, e più vero, è questo.

Molti dirigenti scolastici non sono lì perché hanno dimostrato capacità di guida, visione educativa o competenza manageriale.
Sono lì perché hanno vinto un concorso a test, a crocette.

Un concorso che misura:

  • memoria normativa
  • capacità di individuare la risposta “giusta”
  • familiarità con il linguaggio amministrativo

Ma che non misura:

  • leadership
  • equilibrio
  • autorevolezza
  • capacità decisionale
  • gestione dei conflitti
  • visione organizzativa

Saper barrare una casella corretta
non significa saper scegliere tra due decisioni sbagliate ma necessarie.

E dirigere una scuola è spesso questo.


La scuola vista dall’alto (troppo in alto)

Chi non ha mai davvero diretto nulla tende a guardare la scuola come un sistema astratto.

La classe diventa un dato.
Lo studente un numero.
Il docente una risorsa da gestire.
Il problema un file da protocollare.

Il linguaggio è perfetto, levigato, impersonale:
“monitoraggi”,


“implementazioni”,


“processi”,
“sinergie”.

Parole che non aiutano uno studente fragile.
Non difendono un insegnante in difficoltà.
Non risolvono un problema reale.

E quando qualcosa non funziona, la colpa è sempre di chi sta sotto.
Mai del modello.
Mai delle decisioni prese senza conoscere la realtà.

In una scuola reale, però, le decisioni non arrivano per email.
Arrivano nei corridoi, negli sguardi, nei silenzi.
E lì, il regolamento non basta.


Fare è faticoso, dirigere sulla carta no

Il verbo “fare” espone.
Implica responsabilità.
Implica rischio.

Molto meglio:

  • rinviare a un regolamento
  • aprire un tavolo
  • convocare una riunione
  • inviare una circolare

Intanto la scuola va avanti grazie a chi:

  • entra in classe ogni mattina
  • affronta ragazzi stanchi, fragili, arrabbiati
  • lavora con strumenti insufficienti
  • tiene in piedi un sistema che spesso non lo tutela

La scuola resiste non grazie a chi dirige,
ma nonostante.


La verità che dà fastidio

Una scuola non ha bisogno solo di educatori.
Ha bisogno di dirigenti che sappiano dirigere.

Persone che:

  • conoscano la scuola
  • abbiano esperienza manageriale reale
  • sappiano gestire persone, non solo norme
  • abbiano vissuto responsabilità vere

Un concorso può selezionare funzionari.
Non leader.
Non guide.
Non punti di riferimento umani.

Perché dirigere non è firmare.
E la scuola non è un ufficio.


Conclusione

Chi sa fa.
Chi non sa insegna.

E chi non sa e non fa, oggi, troppo spesso,
vince un concorso a crocette
e fa il dirigente scolastico

Scoprendo troppo tardi
che dirigere non è barrare caselle,
ma assumersi responsabilità.

E quella
non è mai a risposta multipla.


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