L’incompetente resta. Il talento se ne va. Poi ci si chiede perché nulla funziona.

Non è uno sfogo.
Non è una battuta da social.
Non è nemmeno una provocazione.

È una dinamica strutturale, ripetuta, prevedibile, quasi scientifica.
Eppure ogni volta fingiamo di scoprirla per caso, come se fosse una disgrazia imprevedibile.

Succede nella Pubblica Amministrazione, nella sanità, nella scuola, nella politica.
Succede ovunque il sistema preferisca la tranquillità alla competenza, l’obbedienza al pensiero, la relazione al merito.


Pubblica Amministrazione: quando l’inerzia diventa metodo

Nella PA l’incompetente resta perché non disturba il procedimento.

Rispetta la forma, non la sostanza.
Compila, protocolla, rinvia.
Non migliora nulla, ma non crea problemi a nessuno.

Il talento, invece, chiede:

  • perché un processo richiede mesi
  • perché si lavora “così da sempre”
  • perché l’efficienza non è un obiettivo

E qui diventa scomodo.

Perché la PA non è solo un luogo di lavoro: è spesso una rete di equilibri, dove raccomandazioni, avanzamenti automatici e protezioni incrociate contano più dei risultati.

Così chi potrebbe rendere i servizi più rapidi ed efficaci viene isolato.
Chi non sbaglia mai perché non decide mai, viene promosso.


Sanità: quando la fedeltà vale più della competenza

In sanità il danno è doppio, perché si gioca con la salute delle persone.

L’incompetente resta perché:

  • non mette in discussione primariati
  • non denuncia carenze organizzative
  • non rompe gerarchie costruite su anzianità, appartenenze e relazioni

Il professionista competente, invece:

  • chiede turni più razionali
  • segnala sprechi
  • propone modelli organizzativi migliori

Risultato? Viene etichettato come “problematico”.

Nel frattempo:

  • chi è lì per parentela o protezione resta
  • chi ha talento e coscienza se ne va
  • reparti interi sopravvivono grazie al sacrificio di pochi

Poi ci si stupisce delle liste d’attesa, delle fughe all’estero, dei medici stremati.


Scuola: quando l’educazione viene soffocata dalla burocrazia

Nella scuola l’incompetente resta perché non mette in discussione il sistema.

Fa il minimo.
Non innova.
Non crea attriti.
Non chiede nulla.

Il docente o il dirigente competente, invece:

  • prova a migliorare la didattica
  • chiede strumenti
  • difende il valore dell’educazione

E viene visto come “difficile”.

In un ambiente dove:

  • le nomine spesso seguono logiche opache
  • le carriere non premiano il merito
  • la burocrazia conta più della qualità

il talento capisce presto che l’impegno non paga.

E se ne va.
O resta spegnendosi.


Politica: il trionfo dell’appartenenza

In politica il meccanismo è persino dichiarato.

Non conta cosa sai fare.
Conta chi sei, da dove vieni, a chi sei fedele.

L’incompetente resta perché:

  • obbedisce
  • non brilla
  • non mette in ombra nessuno

Il competente è pericoloso:

  • perché pensa
  • perché propone
  • perché non si accontenta di slogan

Così si costruiscono classi dirigenti mediocri, circondate da fedelissimi.
E poi ci si chiede perché le riforme non funzionano.


Raccomandazioni e nepotismo: il filo rosso

PA, sanità, scuola, politica hanno un elemento in comune:
la raccomandazione come infrastruttura invisibile.

Non sempre esplicita.
Non sempre illegale.
Ma sempre decisiva.

Funziona così:

  • se sei “dei nostri”, resti
  • se sei bravo ma libero, dai fastidio
  • se non devi nulla a nessuno, sei solo

In questo sistema il talento non serve.
Anzi: disturba l’equilibrio.


Il talento non se ne va subito

All’inizio prova a resistere.
A spiegare.
A migliorare.

A credere che basti il lavoro.

Poi capisce una cosa fondamentale:
l’incompetenza non è un errore, è una scelta protetta.

E allora andarsene diventa un atto di lucidità, non di fuga.


La fase finale: l’ipocrisia

Quando i migliori sono andati via, resta il coro:

“Non si trovano più persone capaci.”
“I giovani non hanno voglia.”
“Qui nessuno vuole responsabilità.”

La verità è un’altra:
avete respinto chi valeva.


La conclusione che fa male

Nella PA, nella sanità, nella scuola, nella politica:

l’incompetente resta perché è funzionale al sistema.
Il talento se ne va perché non accetta di diventare complice.

E quando nulla funziona, non è sfortuna.
Non è crisi.
Non è destino.

È il risultato perfettamente coerente delle raccomandazioni difese e del merito ignorato.

Il Sognatore Lento


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