Cambio di fase

In politica non si cambia mai davvero.
Si aggiorna.

Le parole restano le stesse, ma il tono si sposta.
Le promesse non scompaiono: cambiano contesto.
Le posizioni non vengono smentite: vengono riformulate.

Il trasformismo non è più un difetto.
È diventato una competenza.

C’è stato un tempo in cui il cambiamento di linea richiedeva spiegazioni, ammissioni, magari anche qualche silenzio imbarazzato.
Oggi basta una formula neutra, tecnica, rassicurante: “cambio di fase”.

Una fase finisce, un’altra comincia.
Senza strappi.
Senza responsabilità.
Senza memoria.

Il leader non rinnega ciò che ha detto ieri.
Semplicemente… ieri era un’altra fase.

È un linguaggio che funziona perché parla come un software:
non sbaglia, si aggiorna.
Non contraddice, si adatta.
Non risponde, evolve.

E in questo lessico nuovo, il cittadino non è più un interlocutore.
È un utente.

Accetta l’aggiornamento o resta indietro.


ATTENZIONE
Questa non è una biografia.
È una funzione del sistema.

Una vignetta satirica diventa racconto civile.
Cambio di fase non parla di una persona, ma di un meccanismo ormai normalizzato nella politica contemporanea: l’adattamento continuo del linguaggio, delle posizioni, delle responsabilità.

Non è un attacco personale.
È un’osservazione sul sistema.