
Quando le parole rassicurano, ma le persone accendono le candele
Nella vignetta non ci sono politici in carne e ossa.
Ci sono una volpe, una lumaca e un pappagallo.
Non è una provocazione: è una semplificazione.
La volpe dice che non c’è nessun rischio.
La lumaca spiega che serve tempo.
Il pappagallo ripete che porterà sviluppo.
Tre frasi diverse, un solo effetto: rassicurare senza chiarire.
È così che spesso funziona la politica quando incontra questioni delicate:
si parla molto, si promette equilibrio, si chiede fiducia.
Ma la fiducia, per reggere, ha bisogno di una cosa semplice: credibilità.
Ed è qui che nasce la domanda più onesta di tutte, quella che nella vignetta arriva dal basso, senza microfono:
“Allora perché la fiaccolata?”
La fiaccolata non è allarmismo.
Non è ideologia.
È una forma antica e pacifica di partecipazione.
Le persone non scendono in strada con una candela perché amano protestare.
Lo fanno quando sentono che le risposte non sono complete, quando le parole non bastano più.
La satira, a volte, serve proprio a questo:
non a ridicolizzare, ma a mettere in fila le contraddizioni.
Se davvero non ci sono rischi, perché c’è bisogno di rassicurare continuamente?
Se tutto è sotto controllo, perché il controllo viene sempre raccontato, ma mai mostrato fino in fondo?
La vignetta con gli animali funziona perché non accusa nessuno.
Osserva.
E osservando, fa emergere una verità semplice:
quando il linguaggio diventa troppo tecnico, troppo lento o troppo ripetuto,
le persone tornano a parlare con gesti elementari.
Una candela accesa.
Una presenza silenziosa.
Una domanda che resta sospesa nell’aria.
Non è contro qualcuno.
È per qualcosa: chiarezza, ascolto, rispetto.
E finché queste tre cose non cammineranno insieme alle decisioni,
le fiaccolate continueranno ad accendersi.
Anche quando qualcuno dirà che non servono.
✍️ Il Sognatore Lento
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