(La stessa piazza, due civiltà diverse)

Nella foto a sinistra siamo a Milano, Piazza del Duomo, anno 1980.
Auto ovunque, clacson, traffico disordinato. Eppure, se si guarda bene, la piazza è viva.
La gente cammina in gruppo.
Parla. Ride. Discute.
I vestiti sono colorati, improbabili, ma raccontano appartenenza.
Nessuno guarda in basso. Nessuno è isolato.
La città è rumorosa, sì — ma umana.
A destra è oggi.
Stessa piazza. Stesso Duomo di Milano.
Ma qualcosa è cambiato radicalmente.
Le auto sono meno invadenti. L’aria è più “ordinata”.
Eppure la piazza è silenziosa.
Persone sole.
Teste chine sugli schermi.
Corpi vicini, ma mondi lontanissimi.
La grande illusione del progresso
Ci raccontiamo che oggi stiamo meglio perché:
- le città sono più pulite
- il traffico è regolato
- la tecnologia ci “connette”
Ma guardando questa foto una domanda scomoda emerge:
👉 siamo davvero più connessi o solo più controllati?
Nel 1980 mancavano molte cose:
- comfort
- sicurezza
- tecnologia
Ma non mancava la presenza.
Oggi abbiamo tutto, ma abbiamo perso:
- lo sguardo
- la conversazione casuale
- la capacità di stare nel tempo senza riempirlo
La piazza come specchio sociale
Una piazza non è solo urbanistica.
È un termometro umano.
Nel 1980:
- la piazza era attraversata
- vissuta
- occupata con naturalezza
Oggi:
- la piazza è un luogo di passaggio
- di attesa
- di isolamento condiviso
Non ci fermiamo più.
Non guardiamo più chi ci passa accanto.
Non siamo lì: siamo altrove, anche quando il corpo è presente.
Non è nostalgia. È consapevolezza.
Questo non è un elogio ingenuo del passato.
Il 1980 aveva problemi enormi: lavoro duro, incertezze, meno diritti, meno tutele.
Ma aveva una cosa che oggi rischiamo di perdere definitivamente:
👉 la dimensione collettiva della vita quotidiana
Oggi siamo più informati.
Ma meno coinvolti.
Più sicuri.
Ma più soli.
La vera domanda
La domanda non è:
“Era meglio prima o adesso?”
La vera domanda è:
che cosa abbiamo scambiato per il progresso senza accorgercene?
Perché una città può diventare più moderna
e allo stesso tempo
più vuota.
E questa foto, senza bisogno di parole, ce lo sta dicendo chiaramente.

Lascia un commento