Il jukebox sotto la neve

Montenerodomo, quando anche il silenzio ha una canzone
Ascolta la musica. Poi leggi questo racconto.

C’è un jukebox a Montenerodomo.
Non suona più, e proprio per questo parla.

Sta fermo sotto la neve, con la schiena dritta e la faccia rivolta al paese, come se stesse aspettando qualcuno. Non chiede attenzione. Non chiede corrente. Tiene soltanto il posto di ciò che è stato.

Un tempo era dentro un bar.
Non un locale qualsiasi, ma uno di quelli dove si entrava per scaldarsi, per dire due parole, per aspettare che passasse la sera. Il jukebox stava lì come una presenza necessaria. Bastava una moneta, una scelta rapida, e per tre minuti Montenerodomo non era più solo Montenerodomo.

Era altrove.
Era ovunque.

Le canzoni arrivavano da lontano, ma restavano qui. Riempivano le pause, accompagnavano i ritorni del fine settimana, coprivano l’imbarazzo di certi silenzi. In un paese piccolo, la musica non serve a farsi sentire: serve a non sentirsi soli.

Oggi il jukebox è fuori.
Sotto la neve.
Bianco e nero, come le fotografie che si tengono nei cassetti.

Non è una rovina. È una memoria in piedi. La neve non lo cancella: lo protegge. Come si fa con le cose importanti, quelle che non vanno consumate ma custodite.

Attorno, il paese è immobile. Le case sembrano ascoltare. Il campanile guarda, come ha sempre fatto. Le strade non portano via in fretta nessuno.

Il jukebox non suona più, è vero.
Ma chi è partito lo riconosce.
Chi è tornato lo capisce.
Chi è rimasto sa che, da qualche parte, una canzone è ancora lì.

Non serve sapere quale.
Non serve sentirla davvero.

A Montenerodomo, certe musiche non finiscono.
Smettono solo di fare rumore.