Italia e Germania: di fronte al ritardo, qui si cerca solo un ministro, lì la soluzione è affidata a un’italiana

I treni arrivano in ritardo anche in Germania.
Non è una provocazione, è un dato. Negli ultimi anni la puntualità della Deutsche Bahn è peggiorata sensibilmente: infrastrutture obsolete, cantieri infiniti, nodi congestionati, ritardi che si accumulano e si moltiplicano.

Il mito dell’efficienza tedesca, almeno sui binari, ha mostrato tutte le sue crepe.

Eppure, davanti allo stesso problema che conosciamo bene anche in Italia, la reazione è stata molto diversa.

Il ritardo non è il problema. È la risposta

In Italia il ritardo diventa subito un caso politico.
Il riflesso è quasi automatico:

  • si cerca un responsabile politico
  • si invocano dimissioni
  • si chiede il cambio del ministro

La discussione raramente entra nel merito di come funziona il sistema che produce il disservizio. Ci si concentra su chi lo rappresenta, non su come è organizzato.

Il risultato è noto: cambiano i volti, ma il meccanismo resta intatto.
E il cittadino continua ad aspettare sul binario.

In Germania il ritardo è una domanda strutturale

In Germania, invece, il ritardo è stato trattato come un fallimento del sistema, non come un incidente d’immagine.

La domanda non è stata:

“Chi deve pagare politicamente?”

Ma:

“Perché l’organizzazione non riesce più a fare ciò per cui esiste?”

Ed è qui che la differenza diventa evidente.

Invece di concentrarsi sul governo, il dibattito si è spostato dentro l’azienda, sulle sue strutture, sulle sue catene decisionali, sui livelli di comando accumulati negli anni.

La scelta controintuitiva: affidarsi a un’italiana

In questo contesto emerge la figura di Evelyn Palla, manager italiana cresciuta professionalmente all’interno del sistema ferroviario tedesco.

La Germania ha fatto una scelta che, vista dall’Italia, suona quasi paradossale:
affidare la ricerca della soluzione a una manager italiana, chiedendole di intervenire non sull’immagine, ma sulla struttura.

Non una figura simbolica.
Non una nomina di bandiera.
Ma una dirigente chiamata a mettere mano al nodo più scomodo: l’organizzazione interna.

Non un capro espiatorio, ma un bersaglio preciso

La proposta che ha fatto discutere non è stata uno slogan, ma un atto chirurgico:

  • riduzione drastica dei livelli dirigenziali
  • semplificazione della catena decisionale
  • responsabilità più chiare e tracciabili

Non licenziare chi fa funzionare i treni.
Non scaricare sui lavoratori operativi.
Ma intervenire in alto, dove spesso le decisioni si moltiplicano e le responsabilità si dissolvono.

È una scelta che fa rumore perché tocca il potere, non la retorica.

Due culture del fallimento

Qui emerge una differenza profonda, che non è morale ma culturale.

In Italia il fallimento è:

  • qualcosa da rimuovere
  • una colpa da attribuire
  • un problema di consenso

In Germania il fallimento è:

  • un dato
  • un problema organizzativo
  • una responsabilità da affrontare, anche quando è interna

Per questo:

  • il ministro resta
  • l’azienda viene messa sotto pressione
  • i dirigenti devono dimostrare di essere utili

Il paradosso italiano

In Italia siamo bravissimi a chiedere:

  • dimissioni
  • rimpasti
  • “segnali politici”

Molto meno a chiederci:

  • quanti livelli decisionali servono davvero
  • chi decide cosa e con quali tempi
  • chi risponde quando le decisioni non producono risultati

Così il sistema rimane uguale, mentre la sfiducia cresce.
E il cittadino non sa più dove indirizzare la responsabilità.

Quando la soluzione non ha passaporto

La scelta tedesca dice una cosa semplice e scomoda:

la soluzione non ha nazionalità, ha competenza e responsabilità.

Affidarsi a una manager italiana non è stato un gesto ideologico.
È stato un atto pragmatico: scegliere chi conosce il sistema e ha il coraggio di metterlo in discussione.

Conclusione

Italia e Germania hanno treni in ritardo.
Ma davanti al ritardo fanno cose diverse.

Qui si cerca solo un ministro.
Lì si cerca una soluzione, anche quando significa affidarla a un’italiana e toccare equilibri consolidati.

Non è una garanzia di successo.
Ma è una differenza enorme.

Perché un sistema che non ha il coraggio di guardarsi dentro può cambiare tutte le facce che vuole.
Continuerà ad arrivare in ritardo.


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