📚 4 Episodio – Valigie di cartone

Storia romanzata dell’emigrazione… ma non troppo

La prima neve

Airolo, autunno 1947

La neve non arrivò come una tempesta.
Arrivò piano, quasi con educazione.

Antonio se ne accorse al mattino, appena aprì gli occhi. La luce che filtrava dalla finestra non era diversa, ma più chiara, come se qualcuno avesse steso un velo sottile tra il vetro e il mondo. Non era il bianco deciso dell’inverno, ma un chiarore incerto, trattenuto.

Si alzò e si avvicinò alla finestra.
Sui tetti, sui bordi della strada, lungo i muretti, c’era un bianco leggero. Non copriva. Accennava. In alcuni punti già colava via, trasformandosi in acqua scura.

«È la prima» disse lo zio alle sue spalle.
«Non dura. Ma avvisa.»

Antonio rimase a guardare ancora un momento.
Quella neve non sembrava voler restare, ma nemmeno chiedere permesso. Si posava dove poteva, poi decideva da sola.


Il lavoro cambia volto

Uscirono presto.

La strada era bagnata, scura, con chiazze bianche che si scioglievano sotto

gli scarponi. Il freddo non mordeva ancora, ma entrava più a fondo, come se cercasse un posto dove sistemarsi.

Al cantiere la montagna appariva diversa.
Non più solo dura, ma silenziosa.
Come se stesse ascoltando.

Dentro la galleria l’aria era più fredda del solito. L’acqua che filtrava dalle pareti scivolava lenta, più viscosa. Il rumore dei martelli rimbalzava con un’eco secca, tagliente.

Antonio sentì subito la differenza nelle mani.
La roccia era la stessa, ma il freddo rendeva ogni colpo più pesante, ogni vibrazione più profonda.

«Adesso comincia il vero lavoro» disse il barese, stringendosi nel giaccone.
«Quello che non si vede nelle fotografie.»

Antonio non rispose.
Strinse i guanti e abbassò la testa. Capì che non era solo una questione di forza: era una questione di resistenza nel tempo.


La pausa all’aperto

Durante la pausa uscirono all’aria aperta.

La neve cadeva a tratti, fine, quasi invisibile. Si posava sui cappelli, sulle spalle, poi spariva. Qualcuno la guardava con fastidio, qualcun altro con una specie di rispetto silenzioso.

«Questa è quella che ti fa credere di potercela fare» disse un uomo più anziano.
«Poi arriva l’altra.»

Antonio pensò all’Abruzzo, alle prime spolverate sulle montagne lontane, viste da bambino. Allora erano una promessa di giochi, di camini accesi, di giorni diversi.

Qui no.
Qui era un avvertimento.

Bevve un sorso di caffè dal bidone di latta. Era caldo, ma durò poco. Il freddo tornò subito a prendersi il suo spazio.


Il rientro

Quando finirono, il bianco era già meno.
Resisteva solo negli angoli, lungo i muri, sulle ringhiere. La montagna sembrava aver cambiato idea, come se stesse solo provando.

Rientrarono a casa con i cappotti umidi.
Lo zio li appese vicino alla stufa e scosse la testa.

«Domani pioggia» disse.
«Dopodomani gelo.»

Non era una previsione.
Era memoria.

A tavola mangiarono in silenzio. La stufa faceva più rumore del solito, come se

anche lei stesse imparando quel freddo nuovo. Antonio sentiva le ossa più stanche, non per la fatica del lavoro, ma per la stagione che cambiava.

Lo zio versò il vino e parlò senza guardarlo.

«La prima neve è sempre la più ingannevole.
Ti fa abbassare la guardia.»

Antonio annuì piano.
Capiva che non stava parlando solo del tempo.


La sera

Dopo cena Antonio rimase seduto un po’ vicino alla stufa. Guardava il fuoco e pensava a quanto fosse sottile il confine tra una stagione e l’altra. Nessuno avvisa davvero. Un giorno ti accorgi che qualcosa è cambiato, e basta.

Lo zio sistemò le cose per il giorno dopo. Ogni gesto era preciso, senza fretta.

«Da ora in poi» disse, «conta meno come lavori oggi.
Conta se riesci a lavorare anche domani.»

Antonio sentì il peso di quelle parole.
Non come una minaccia, ma come una regola nuova.


La notte

Quella notte faticò a prendere sonno.

Fuori, la neve tornò a cadere piano. Non copriva. Segnava.
Ogni tanto un rumore leggero sul tetto, come un passo esitante.

Capì che l’autunno stava lasciando spazio senza cerimonie.
Che il tempo delle prove stava finendo.
Che stava arrivando quello della resistenza.

Pensò alla famiglia, lontana.
Pensò a sé stesso, così com’era ora, diverso da come era arrivato.

Prima di chiudere gli occhi, un pensiero semplice gli attraversò la mente:

Se reggo anche questo,
allora forse posso restare.

La prima neve non aveva fermato nulla.
Ma aveva cambiato il ritmo dei giorni.

L’inverno non era ancora arrivato.
Ma ormai si faceva sentire.


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