
ma radici da riscoprire.”
Introduzione
Ogni comunità ha le sue radici. Quelle di Montenerodomo affondano indietro nei secoli, ben oltre il Medioevo e la memoria recente.
Prima che ci fosse il borgo, prima delle chiese e dei vicoli, prima ancora delle case in pietra che oggi vediamo abbarbicate sulla montagna, c’erano i Carricini: un popolo sannita, fiero e ostinato, che viveva tra le pendici della Maiella e le vallate del Sangro.
E fu da quelle radici, da quelle genti e da quei luoghi, che nacque Juvanum, l’antica città romana di cui restano ancora rovine suggestive, immerse nel verde e nel silenzio.
I Carricini: popolo della montagna

I Carricini erano parte del più vasto mondo dei Sanniti, guerrieri che Roma temette e rispettò per secoli.
Il loro territorio corrispondeva alla zona compresa tra la Maiella e il fiume Sangro. Vivevano in piccoli villaggi fortificati, spesso arroccati, da cui potevano controllare le vallate.
La loro vita era semplice e dura: pastorizia, coltivazione di cereali resistenti (farro, orzo, miglio), raccolta di erbe spontanee e allevamento di ovini.
La montagna era rifugio e madre. Dava pascoli, ma anche protezione. Era terreno difficile, ma perfetto per imparare la resistenza e l’adattamento.
Non è un caso se Roma, nelle guerre sannitiche, trovò nei popoli come i Carricini avversari coriacei, capaci di combattere non solo con le armi, ma con la conoscenza del territorio.
La conquista romana

Nel III secolo a.C., Roma piegò i Sanniti. Le sconfitte nelle guerre sannitiche costrinsero anche i Carricini ad accettare il dominio romano.
Eppure, quella sottomissione non significò scomparsa. Al contrario: la civiltà sannita e quella romana si fusero.
I Romani, come spesso accadeva, non cancellarono ciò che trovarono. Anzi, usarono gli insediamenti esistenti per creare città nuove, organizzate secondo la loro urbanistica.
Fu così che, sulle tracce dei villaggi sanniti, sorse Juvanum: una città destinata a diventare il cuore della vita civile e religiosa dei Carricini romanizzati.
Juvanum: la città nuova

Juvanum divenne colonia romana. Le sue rovine, oggi visitabili, mostrano chiaramente la grandezza del progetto:
- Il foro: centro della vita pubblica, luogo di incontro e di commercio.
- Le basiliche: spazi per la giustizia e le attività politiche.
- Il teatro: testimonianza di una comunità che non viveva solo di lavoro e sacrifici, ma anche di spettacoli e cultura.
- Le terme: simbolo della civiltà romana, luogo di socialità e igiene.
Camminando tra quelle rovine, si percepisce come Juvanum fosse una vera città, non un semplice villaggio. Era un segno di appartenenza a Roma, ma anche la prova che il territorio dei Carricini aveva un valore strategico e umano.
La vita quotidiana

La vita a Juvanum univa tradizione e innovazione.
I campi continuavano a produrre cereali, ma l’agricoltura si arricchì delle tecniche romane.
Si coltivava il farro, che veniva trasformato in pane scuro e compatto, cotto su pietre o in piccoli forni. Quel pane era nutrimento essenziale: duro, resistente, capace di durare giorni.
Il teatro e le terme indicano che la comunità non era isolata, ma inserita pienamente nel mondo romano. I giovani imparavano il latino, si formavano alla vita pubblica, mentre le famiglie continuavano a mantenere viva la memoria sannita.
Il pane dei Carricini

Un dettaglio che unisce il passato al presente è proprio il pane.
I Carricini conoscevano già la panificazione: focacce semplici, non lievitate, fatte con farine rustiche. Con i Romani, queste tradizioni si perfezionarono.
Il pane di Juvanum, probabilmente simile a quello di Pompei (il famoso panis quadratus inciso a spicchi), era alimento base, simbolo di continuità.
Così, dall’antico farro fino al pane di patate delle generazioni contadine, si può seguire un filo che lega Carricini e monteneresi di oggi: un filo di farina e di memoria.
Religione e identità

Juvanum non era solo economia: era anche religione.
Il tempio principale, di cui restano imponenti rovine, era dedicato probabilmente a divinità romane, ma è facile immaginare che vi fosse un sincretismo con culti sanniti più antichi.
Il popolo dei Carricini, pur romanizzato, non dimenticava la sua identità montanara. Continuava a onorare gli spiriti della terra e delle montagne, fondendo antiche credenze con la religione ufficiale.
Declino e memoria

Come molte città romane dell’Appennino, anche Juvanum conobbe un lento declino, legato al crollo dell’Impero e alle invasioni barbariche.
Ma il segno lasciato fu indelebile.
Le pietre delle case, le colonne del foro, i mosaici rimasti a terra: tutto parla di una civiltà che aveva saputo costruire e vivere in armonia con un territorio difficile.
Montenerodomo, nei secoli successivi, sorse poco più in alto, ereditando in parte il ruolo di comunità organizzata e difesa. Ma il seme era stato piantato a Juvanum, da Carricini e Romani insieme.
Conclusione

Il viaggio nella storia di Montenerodomo non può che partire da qui: dai Carricini e da Juvanum.
Non furono i Carricini a fondare la città come la vediamo oggi, ma furono loro a dare identità e radici a un luogo che Roma trasformò in colonia.
Un filo invisibile lega le macine di pietra di Juvanum al pane dei contadini monteneresi, le colonne spezzate ai muri delle case medievali, la memoria sannita alla cultura di un borgo che, secoli dopo, avrebbe continuato a resistere a guerre, terremoti ed emigrazioni.
Juvanum resta lì, silenziosa e imponente, come la prima pagina della storia di Montenerodomo: una città che non esiste più, ma che ha dato forma al destino di un’intera comunità.
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