Dal cinema alla politica: la corazzata del centrosinistra che affonda da sola

C’è una scena che ogni italiano conosce a memoria, anche chi non ha mai visto un intero film di Fantozzi: la proiezione obbligatoria della Corazzata Kotiomkin. Un capolavoro imposto, lungo, noioso, in bianco e nero, con sottotitoli incomprensibili. E poi, finalmente, l’urlo liberatorio del ragionier Ugo:
👉 “Per me… la corazzata Kotiomkin è una cagata pazzesca!”
Quell’urlo è entrato nella cultura collettiva come simbolo della ribellione al conformismo, alla cultura imposta, ai riti che nessuno osa mettere in discussione. È diventato la voce di chi si sente prigioniero di un sistema che pretende applausi a comando.
E oggi, guardando la politica italiana, c’è qualcosa che ricorda pericolosamente quella scena. Quel qualcosa ha un nome altisonante: Campo Largo.

Il mito della grande nave
Nella retorica politica, il Campo Largo è la nave ammiraglia del centrosinistra: la promessa di unire sotto la stessa bandiera forze diverse, dal cattolico progressista al verde militante, dal sindacalista nostalgico al liberale disincantato.
Un’idea grandiosa, come una corazzata pronta a solcare i mari della democrazia. Una nave che dovrebbe incutere rispetto e far tremare l’avversario politico. Una di quelle formule magiche che, sulla carta, garantiscono la vittoria.
Eppure, guardandola da vicino, questa corazzata assomiglia più a un’opera interminabile di Ejzenštejn: imponente, piena di ideologia, ma incapace di parlare davvero alla gente comune.

Le contraddizioni a bordo
Il problema non è solo la lunghezza del “film” politico. È che dentro al Campo Largo ognuno sembra recitare una parte diversa:
C’è chi invoca giustizia sociale con slogan del secolo scorso.
C’è chi chiede moderazione e compromessi per non spaventare gli elettori di centro.
C’è chi punta tutto sull’ambientalismo radicale.
C’è chi non vuole mollare le poltrone locali, anche a costo di sabotare l’alleanza.
È una nave dove il comandante non è mai chiaro, l’equipaggio litiga continuamente, e le mappe cambiano ogni settimana. A volte sembra un ponte di comando, altre volte un teatrino delle maschere.

Lo spettatore prigioniero
E qui torna la scena di Fantozzi. Perché se i politici sono gli attori, gli elettori sono il pubblico obbligato.
Chi si riconosce nel centrosinistra si trova davanti a un dilemma: applaudire per disciplina di partito, o ammettere che lo spettacolo è insostenibile?
Come i colleghi di Fantozzi, molti restano seduti in silenzio, con la sensazione di perdere tempo. Ma dentro covano lo stesso pensiero: “Non se ne può più di questa recita!”.
Il rischio è che la sala si svuoti prima della fine del film. E che, invece di conquistare nuovi spettatori, il Campo Largo allontani anche i suoi fedelissimi.

La rivolta possibile
Quando la politica diventa un rituale imposto, la ribellione può arrivare all’improvviso. Non per forza con urla eclatanti, ma con il gesto più semplice e devastante: l’astensione.
Perché se il Campo Largo non riesce a emozionare, a convincere, a far intravedere una direzione chiara, il pubblico non si limita a fischiare. Semplicemente, smette di presentarsi.
Ed è lì che la corazzata affonda: non colpita dall’artiglieria nemica, ma abbandonata dalla sua stessa ciurma.

Il paradosso italiano
L’Italia, da decenni, vive di grandi alleanze annunciate e piccole divisioni praticate. Si proclamano unità, ma poi ogni fazione pensa a sé stessa. Si promettono programmi comuni, ma ogni leader tiene nascosto il suo cassetto di priorità personali.
È un copione già visto: grandi navi che partono tra fanfare e applausi, per poi arenarsi al primo scoglio. E ogni volta, la delusione diventa più grande, la sfiducia più profonda.

La morale fantozziana
Il Campo Largo potrebbe essere davvero una risposta politica seria, se avesse una direzione chiara, un linguaggio comprensibile e la capacità di emozionare.
Ma così com’è, rischia di trasformarsi in un film interminabile, imposto e indigesto.
E allora la citazione di Fantozzi torna più attuale che mai:
👉 “Sì, come la Kotiomkin… una cagata pazzesca!”

Epilogo
La politica dovrebbe imparare dal cinema: non basta un titolo altisonante, non basta una scenografia imponente. Serve una storia che catturi, personaggi credibili, emozioni autentiche.
Il Campo Largo, se vuole sopravvivere, deve smettere di essere la corazzata di carta che affonda al varo. Altrimenti resterà solo una nuova replica di quel film che tutti conoscono, ma nessuno ha voglia di rivedere.

✍️ Pensieri Scomposti – Il Sognatore Lento